Critica della destra di Fratelli d’Italia
La destra al potere (Raffaello Cortina Editore 2024) di Carlo Galli s’inserisce nel dibattito sull’ascesa della destra in Italia, focalizzandosi sul successo di Fratelli d’Italia e di Giorgia Meloni. Galli, politologo di lungo corso, è noto per le sue analisi sulle trasformazioni della politica contemporanea. E nell’opera cerca di spiegare come e perché la destra italiana abbia assunto una posizione dominante nel panorama politico nazionale. Il significato della quale non va banalizzato. Decifrarlo è un’impresa necessaria e non priva di difficoltà. Richiede l’attraversamento di più dimensioni interpretative – storiografiche, politologiche, filosofiche, economiche. Uno degli aspetti centrali di Galli è la capacità di Fratelli d’Italia di rappresentare un fenomeno che va oltre le tradizionali categorie politiche. L’autore osserva che il partito ha saputo interpretare e canalizzare una domanda di identità e sicurezza che per lungo tempo è rimasta senza risposta in Italia e nelle democrazie occidentali.
Questo successo, argomenta Galli, smentisce alcune analisi politologiche, come la fine della distinzione fra destra e sinistra, la fine dei partiti organizzati e la fine delle ideologie. Mentre l’autore traccia il quadro generale delle dinamiche che hanno favorito l’ascesa di Fratelli d’Italia, si potrebbe criticare il fatto che non si addentri abbastanza nelle contraddizioni del movimento. Né nelle ambiguità di alcune delle sue posizioni politiche. Ad esempio, manca un’analisi più approfondita di come Fratelli d’Italia concili le sue radici neofasciste con la necessità di apparire come un partito rispettabile e di governo. Galli offre una riflessione articolata e convincente, anche se forse non particolarmente originale. La descrizione del partito come un movimento che fa leva su una narrativa di difesa dell’identità contro la minaccia percepita dell’immigrazione rispecchia un’analisi ormai diffusa nella letteratura politologica.
Galli sottolinea come questa politica identitaria sia funzionale non solo a mobilitare il consenso elettorale. Ma anche a consolidare il potere interno di Meloni, che si presenta come la custode di un’identità nazionale minacciata. Un elemento che merita attenzione è l’analisi sulla complexio oppositorum, la compresenza di elementi contraddittori nella politica di Fratelli d’Italia. L’autore osserva come Meloni riesca a fondere populismo emotivo e conservatorismo tradizionalistico, creando un mix ideologico che, secondo Galli, è destinato a rimanere irrisolto. Questa caratteristica, secondo l’autore, potrebbe rappresentare sia un punto di forza che una debolezza per Fratelli d’Italia. Da un lato, permette al partito di attrarre molti elettori. Dall’altro, potrebbe creare tensioni interne difficili da gestire. È un conservatorismo che pare quasi privo di contatto con la storia politica, civile e culturale del paese. Un’altra questione sollevata da Galli riguarda il ruolo del conservatorismo nella retorica di Fratelli d’Italia.
Cioè più un dispositivo retorico che una reale ideologia politica. Galli ipotizza che la triade “Dio, Patria, Famiglia”, utilizzata da Meloni per consolidare la base elettorale, sia più uno slogan che un vero fondamento ideologico. La strada scelta da Fratelli d’Italia per liberarsi dall’ombra del fascismo è stata di proclamarsi un partito conservatore. Un termine rispettabile, che allude a una destra urbanizzata. Ma ciò serve a legittimare politiche securitarie e corporative che, sebbene coerenti con il discorso del partito, potrebbero rivelarsi vuote di contenuti concreti. Tuttavia, l’autore non approfondisce le possibili conseguenze a lungo termine di questo approccio. L’eventuale collegamento al fascismo non necessariamente implica la tesi che Fratelli d’Italia sia un partito apertamente neofascista. Galli insiste su questo punto per evitare semplificazioni che potrebbero distogliere l’attenzione dalle reali dinamiche politiche in atto.
Galli descrive l’approccio del partito come comando anziché mediazione. Una caratteristica che, a suo avviso, potrebbe portare a una deriva autoritaria. L’autore esprime preoccupazione per la proposta di un premierato elettivo, che potrebbe minare l’equilibrio del sistema politico italiano, trasformandolo in un regime più accentratore. Galli argomenta che, più che in un attacco frontale pratico e teorico ai diritti – all’istruzione, alla salute, alla libera manifestazione del pensiero, all’uguaglianza – la politica della destra si sostanzia nel prosciugamento progressivo dello spazio pubblico nel quale quei diritti possono trovare espressione. Questa critica è fondata e riflette timori diffusi. Ma Galli non fornisce alternative concrete né suggerimenti su come affrontare questa possibile evoluzione autoritaria.