L’ossessione paranoica e consolatoria del fascismo eterno
Partita ancora aperta per il “fascismo eterno”: è la tesi di Luciano Canfora. Che in Il fascismo non è mai morto (edizioni Dedalo 2024) sostiene in maniera confusa – cioè facendo un collage di cronaca e storia – che il fascismo è ancora tra noi. E più specificamente, che tutto quello che è destra (o meglio: tutto quello che non è sinistra) è affiancabile al o tacciabile di fascismo. Della serie: non la pensi come me, allora sei un fascista. Un argomento pericolosamente fascista – in ossequio a quella oramai comprovata teoria del ferro di cavallo, per cui gli estremi politici si toccano. Con livore e polemica, Canfora parla dei “Veri Finlandesi”. Poi dell’Alternative für Deutschland e il battaglione Azov – giusto per dare man forte ad una sua altra tesi sostenuta in tanti programmi tv di recente – i presunti nazisti di Kyiv, in piena aderenza rispetto alla propaganda putiniana.
Canfora sembra quasi negare un terrorismo rosso italiano pur di prendersela con quello nero e confermare le sue ipotesi sull’eversione destrorsa. Il terrorismo nero era indiscriminate, mentre quello “sedicente” (parole sue: sedicente, che coraggio!) delle BR puntava su bersagli individuali. Come se ci fosse una grande differenza. Parlando dell’omicidio di Aldo Moro, i “rossi” (le virgolette sono le sue) furono semplice manovalanza. La colpa sarebbe della Loggia P2, nella collaborazione tra “servizi deviati” italiani e servizi statunitensi – grave che uno storico si abbandoni al complottismo di infima lega. Poi un salto nel presente. Il governo di Giorgia Meloni sarebbe una caricatura del fascismo eterno. Continua il minestrone … Il conte Joseph Arthur de Gobineau sarebbe stato un liberale (falso); il fascismo eterno oggetto di isomorfosi continue; l’interpretazione di comodo delle tesi di Umberto Eco, etc.
L’autore si autogiustifica nella sua ricerca paranoica e consolatoria del fascismo eterno oggi. Canfora sostiene che «è legittimo allarmarsi quando si osservano repliche di quei comportamenti: intimidire l’opposizione con accuse inverosimili, intimidire singoli oppositori con raffiche di querele, mettere sotto accusa o delegittimare gli organi di controllo, demonizzare i governi precedenti». Secondo Canfora, il fascismo eterno sussiste appena c’è qualcuno – di solito una microscopica minoranza – che dice «torneremo». Eppure, lungo il breve volume, l’autore non riesce ad essere molto convincente portando esempi pratici, ben esplorati, o credibili. Si dice solo che il fascismo muta e cambia – ma il sospetto è che si afferma ciò solo per giustificare le proprie posizioni. Certamente il fascismo italiano divenne modello per movimenti e partiti e correnti di opinione pubblica in tutto l’Occidente, come sostiene l’autore – si pensi al Franchismo o al Portogallo salazariano.
Il nesso fascismo-NATO non viene fatto esplicitamente – forse sarebbe troppo anche per uno come Canfora! Ma l’autore spiega vagamente in che maniera l’Alleanza atlantica avrebbe tollerato i regimi autoritari di destra al fine di contenimento della minaccia bolscevica. Canfora decontestualizza Antonio Gramsci per appoggiare le sue tesi. Nei famosi Quaderni dal carcere, il pensatore sardo ipotizzava che il fascismo non finisse per essere «la forma di rivoluzione passiva propria del secolo XX» come il liberalismo lo era stato per il XIX. Naturalmente non fu così. Ma a Canfora questo non interessa. Gli interessa piuttosto fare polemica e ricordare il rapporto tra fascismo e Winston Churchill o Ramsay MacDonald. Ancora, per rafforzare subdolamente l’ipotesi conservatorismo = fascismo, che nella Storia si sono prodotte occasionalmente, ma non sono la regola.