Mediterraneo conteso, visto da più prospettive

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Il Mediterraneo è il fulcro d’attenzione dell’ultimo libro di Maurizio Molinari. Con tanto di mappe che aiutano a comprendere meglio le sfide attorno a questo mare, Mediterraneo conteso (Rizzoli 2023) esplora il ruolo del mare in un mondo che cambia. «Culla del monoteismo e teatro per un millennio del confronto fra cristianesimo e islam, il Mediterraneo è stato uno degli scenari in cui l’impero britannico è diventato globale, è stato un campo di battaglia cruciale nella Seconda guerra mondiale, ha ospitato una delle frontiere più calde durante la Guerra Fredda. Dopo la caduta del Muro di Berlino, ha visto proliferare una serie di conflitti». Il Mediterraneo ha tre vie di ingresso cruciali: Gibilterra, il Canale di Suez e i Dardanelli. Chi esercita il controllo su tali passaggi detiene il dominio su una delle principali rotte del commercio globale. Senza la quale nessuna potenza può perseguire i propri obiettivi.

In una serie di conflitti che coinvolgono paesi come l’Ucraina, la Siria, il Libano, lo Yemen, il Mediterraneo è un luogo imprescindibile per commercio e migrazioni. Ciò ha portato a una proliferazione di guerre, guerriglie, faide tribali, rivalità locali e atti terroristici nel Mare Nostrum. Il controllo delle sue acque è ambito da diverse potenze. Il che genera tensioni durature. Per Mosca e Pechino la priorità è destabilizzare l’equilibrio internazionale del post-Guerra Fredda per guadagnare spazio. D’altra parte, Washington mira a rafforzare i legami tradizionali con Asia, Africa ed Europa, promuovendo innovazione, difesa e rispetto dei diritti umani, combinando hard e soft power. Molinari sottolinea come il Mediterraneo sia l’indicatore di un fenomeno emergente. Cioè l’affermarsi di potenze regionali capaci di difendere i propri interessi nazionali, mantenendo un equilibrio tra le grandi potenze rivali a livello globale.

L’impegno degli attori regionali come la Turchia, abili nell’arte del bazar è evidente. Molinari esamina dettagliatamente il ruolo e gli obiettivi di ciascun paese nel Mediterraneo. Inizia dagli Stati Uniti, per cui il Mediterraneo è cruciale per la proiezione degli interessi e dei valori americani sulla scena globale. Storicamente, il mare è stato il teatro di confronto tra imperi. Nel 2011, con la dottrina del “Leading from Behind” durante l’attacco in Libia, gli Stati Uniti lasciarono il campo a Francia e Gran Bretagna, perdendo credibilità quando non reagirono all’uso di armi chimiche in Siria. Gli Stati Uniti accettarono l’annessione della Crimea nel 2014 senza conseguenze significative per la Russia. Firmarono un accordo sul nucleare con l’Iran e abbandonarono anche i curdi alla repressione turca e avviarono il ritiro dall’Afghanistan.

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Sebbene l’attenzione statunitense sia ora rivolta alla Cina, non si può trascurare la Russia, il secondo attore con un interesse significativo nel Mediterraneo. Qui la presenza russa è in costante aumento, come evidenziato dalla presenza continua in Siria e dagli accordi con la Turchia. Molinari identifica la Russia come l’arbitro geopolitico di tre minacce ibride sull’Europa dal fronte meridionale: migrazioni, energia e terrorismo. Il Mediterraneo è il palcoscenico principale su cui Putin investe risorse per indicare la volontà della Russia di riorientare gli equilibri tra le potenze globali. Mosca sta dedicando risorse al Sahel con l’obiettivo di trasformare questa regione in una nuova area di competizione strategica contro l’Occidente. Il soft power della narrativa anticolonialista si combina con l’hard power della Wagner. Russia e Iran condividono l’obiettivo di riformare l’architettura della sicurezza internazionale in Europa e Medio Oriente.

La Cina considera il controllo del Mediterraneo come un elemento cruciale per affermare i propri interessi nazionali. La presenza di quindicimila treni merci dalla Cina in Europa ogni anno è uno degli elementi chiave della penetrazione economica che Pechino intende rafforzare in Occidente. La Cina proietta i suoi interessi commerciali attraverso il canale di Suez. Cerca di rispondere alla strategia di contenimento degli Stati Uniti, trovando in questo obiettivo una sintonia con Mosca, anche nel contesto del Mediterraneo. Pechino ha l’obiettivo di superare gli Stati Uniti entro il 2030 come la nazione più ricca. La Cina è riuscita a emergere come una rivale a lungo termine del modello occidentale, evidenziando la sua capacità di reprimere il dissenso a Hong Kong e dimostrando la determinazione nel riappropriarsi di Taiwan. Londra possiede interessi strategici nel Mediterraneo, con i poli di Gibilterra, Cipro e Malta.

Nonostante la Brexit, il Regno Unito non è riuscito a trasformarsi in una “Global Britain”. Il suo prestigio è andato diminuendo a causa delle questioni in Iraq, Siria e Libia. Londra fa parte dei “Big Eyes” insieme con Stati Uniti, Canada, Australia e Nuova Zelanda, Ma rimane un ex-impero in declino. Una situazione simile si applica alla Francia, dove il Mediterraneo riflette l’ambizione di Parigi di essere il Paese dell’UE più idoneo a guidare il continente. La Francia vuole stabilire una cornice stabile per le relazioni multilaterali nel Mediterraneo attraverso il “Dialogo 5+5” (Francia, Spagna, Italia, Portogallo, Malta + Algeria, Mauritania, Marocco, Tunisia, Egitto). Anche l’Italia occupa una posizione centrale sia geograficamente che politicamente nel Mediterraneo. La decisione italiana di uscire dalla Via della Seta è stata significativa e positiva. Tuttavia, l’Italia rimane un paese vulnerabile a causa delle dinamiche interne.

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La Spagna considera il Mediterraneo come una regione geograficamente cruciale per la difesa dei propri interessi. Ma anche per lo sviluppo economico, la tutela dell’ambiente, la gestione dell’immigrazione e la lotta al terrorismo. Madrid potrebbe contribuire a migliorare la stabilità nel Maghreb e nel Sahel, promuovendo l’applicazione dello stato di diritto, la coesione sociale e lo sviluppo economico. La Turchia è particolarmente osservata: il suo incremento di influenza nel Mediterraneo coincide con il logoramento del progetto di adesione all’UE. Molinari usa il termine “Patria blu” per descrivere l’ambizione turca di ampliare la sua influenza nel Mediterraneo. Nei Balcani, la Turchia si avvale dei legami privilegiati con Kosovo, Albania e Bosnia-Erzegovina, considerandoli un ponte verso gli Stati musulmani europei. Da non trascurare la presenza di numerose truppe turche all’estero. La scoperta di giacimenti di gas naturale al largo di Cipro, Israele ed Egitto ha attirato l’attenzione turca.

La Grecia è fortemente coinvolta nelle dinamiche del Mediterraneo. Atene è al centro di dispute territoriali, rivalità regionali e competizioni per le risorse. E cerca partenariati con Cipro e Israele. La regione è ricca di risorse sotterranee, inclusi giacimenti di gas naturale, ricorda Molinari. Nel Mar Rosso, l’Arabia Saudita, come attore dominante, ha avviato progetti legati al Mediterraneo, tra cui la creazione di una zona economica speciale e di un hub per l’innovazione. Vision 2030 mira all’innovazione e alla liberalizzazione, con iniziative per modernizzare la società saudita, concedendo maggiori diritti alle donne, aprendo il mercato agli investitori internazionali e promuovendo trasparenza ed istruzione. Quanto all’Egitto, Il Cairo sta considerando l’espansione del Canale di Suez per sfruttare la sua posizione fra Asia ed Europa. Le relazioni con i Paesi della regione, come la Libia e la Cirenaica, restano cruciali.

Vista la sua posizione, Israele vede il Mediterraneo come fondamentale per la sua sicurezza nazionale. L’Iran ha sfruttato le crisi in Medio Oriente per estendere la propria influenza, cercando di creare un’area di controllo strategico che si estende dal suo territorio fino alle sponde del Mediterraneo. L’invasione americana dell’Iraq nel 2003, le instabilità derivanti dalle Primavere arabe nel 2011, il potenziamento di Hezbollah e l’ascesa di movimenti sunniti hanno contribuito all’avanzamento di questo obiettivo. Teheran mira a stabilire un collegamento terrestre dall’Iran, attraverso l’Iraq, fino alla Siria, al Libano e al confine del Golan. La rete di milizie filoiraniane è motivo di preoccupazione per la sicurezza per Israele e l’Arabia Saudita. Chiosa positiva: non avendo vissuto la rivoluzione del 1979 né la guerra Iran-Iraq, la Generazione Z in Iran sembra manifestare crescente dissenso attraverso proteste e movimenti.

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Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, classe 1997, MA in Relazioni Internazionali, BSc in Comunicazione, giornalista freelance, gestisce “Blackstar”, www.amedeogasparini.com