Abbandono e randagismo: le buone pratiche per combatterli

Centinaia di code, nasi bagnati e polpastrelli corrono sull’asfalto rovente e cercano di raggiungere le auto di quelli che, fino a pochi istanti prima, avevano considerato i loro compagni di vita. Gli atteggiamenti ignobili e criminali si intensificano nel periodo estivo, ma abbandono e randagismo non seguono le regole del calendario.
La Lav, Lega Anti Vivisezione, nata nel 1977 impegnata per l’affermazione dei diritti animali combattendone ogni forma di sfruttamento, stima che, mediamente, ogni anno in Italia vengono abbandonati circa 50.000 cani e 80.000 gatti. Di questi, oltre l’80%, nel momento in cui viene lasciato solo, rischia di morire a causa di incidenti, malnutrizione o maltrattamenti.
Nonostante le impegnate e pressanti campagne di sensibilizzazione accompagnate da narrazioni con voci di personaggi famosi e musiche strappalacrime che riempiono tv e social media, da anni, il trend degli abbandoni degli animali da compagnia non accenna a diminuire.
Impegno e determinazione sono i requisiti indispensabili che hanno permesso a Francesca Toto, esperta in marketing e comunicazione, di realizzare il suo più grande progetto contro il randagismo: Zero Cani in Canile. Il dolore dell’abbandono, la solitudine e il senso di precarietà che accomuna tutti gli animali abbandonati, non solo quelli domestici, e i carcerati, ha invece spronato Sara Turetta, Founding President presso Save the Dogs and other Animals e autrice del libro “I cani, la mia vita”, a portare avanti un progetto esemplare all’interno degli istituti di pena in Romania.
Il dolore dell’abbandono
Prima ancora degli immancabili selfie su spiagge dorate, l’estate ci fa il dispetto di buttare in rete video amatoriali o rubati a telecamere nascoste di strazianti scene di abbandono di animali. Attaccati ad una corda in mezzo alla strada o lanciati come vecchi stracci attraverso cancellate che fanno intravedere grandi giardini – quasi a volersi alleggerire una coscienza inesistente -, i cliché sono sempre gli stessi.
In barba alla giurisprudenza che vieta l’abbandono, non solo di cani e gatti ma di tutti gli animali ai sensi dell’art. 727 del codice penale, che al primo comma recita: “Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro”, la voglia di disfarsi rapidamente di quella bestiolina, il più delle volte regalata in un momento di slancio emotivo al piccolo di casa o per un momentaneo senso di solitudine, è molto più forte anche solo del buonsenso.
Come esseri senzienti, gli animali percepiscono il dolore derivante da un possibile abbandono e dalla mancanza di cure idonee. Stress, ansia, rifiuto del cibo, destabilizzazione psicologica, atteggiamenti nevrotici, senso di smarrimento, panico, terrore: queste sono le sensazioni che prova un animale abbandonato.
Una corsa perenne per i diritti degli animali
«Non è solamente una questione di mancanza di empatia, – sostiene Ermanno Giudici, formatore accreditato PoliS-Regione Lombardia e creatore de “Il Patto Tradito”, blog sui diritti degli animali -. Il problema ha radici ben più profonde C’è una totale assenza di educazione alla consapevolezza di cosa significhi avere cura di un animale, comprendere le sue esigenze e di conseguenza modificare alcune nostre abitudini, rispettarlo ed entrare profondamente in connessione con lui».
In una società che vuole chiamarsi civile i diritti degli animali sono imprescindibili, ma troppo spesso vengono dimenticati. «Bisogna cominciare a riflettere sul nostro rapporto con i cani – continua Giudici -, dobbiamo considerarli come una comunità di individui, vederli per come sono nelle loro diversità, proprio come noi umani».
Riconoscere i diritti degli animali, la loro emotività, non troppo distante da quella umana, può portare ad un sostanziale cambiamento nel gestire la relazione. Informarsi e prepararsi prima di accogliere un amico a quattro zampe in casa e nella propria intimità, faciliterebbe di molto le iniziali difficoltà di adattamento per entrambi.
L’art. 1 della Carta Modena 2002: Carta dei Valori e dei Principi sulla Pet che ha come oggetto lo stabilire dei principi di corretta fruizione della relazione uomo-animale, recita: «Si riconosce il debito ontologico dell’uomo nei confronti dell’alterità animale; in particolare si ribadisce la necessità di preservare tale referenza. Il rapporto con l’animale domestico costituisce un valore fondamentale per l’uomo e il processo di domesticazione da riconoscersi come patrimonio dell’umanità».
Sarebbe altresì corretto che le vendite e le adozioni degli animali fossero supportate da competenze di professionisti del settore qualificati che possano valutare sia i requisiti che le motivazioni di chi si propone come acquirente o adottante.
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Due vite, uno stesso destino: un progetto di aiuto reciproco
Beneficio per i detenuti e per gli animali abbandonati. In Romania, nel penitenziario di Porta Alba, in Romania, Sara Turetta, convinta che il destino dei reietti sia unito dalla stessa mancanza di diritti, ha voluto rendere il loro mondo, un posto migliore nel quale continuare a vivere.
Con il progetto “Vite Connesse” «viene offerta ai detenuti un’opportunità di socializzazione e di partecipazione alla comunità – dichiara Turetta – attraverso gli interventi con gli asini. Gli equini salvati beneficiano delle cure dei detenuti e nello stesso tempo, le persone in espiazione di pena che a causa della detenzione hanno subito un calo dell’autostima e dell’autocontrollo, si sentono nuovamente responsabili nei confronti di qualcuno. Prendersi cura di un essere vivente, rafforza e incoraggia, dà una speranza, riabilita».
Il legame uomo-animale è fondato sulla reciproca fiducia. Da migliaia di anni l’uomo vive in simbiosi con gli animali e da sempre ognuno si presta ad offrire qualcosa all’altro. La detenzione, spesso caratterizzata da isolamento psicologico, necessità sempre più di interventi con il supporto di esseri non giudicanti, amorevoli e in grado di offrire tutto ciò che hanno a prescindere da chi si prenda cura di loro.
Insieme contro il randagismo: un sogno diventato realtà
Grazie all’impegno iniziato nel 2012 da un gruppo di volontari della Lega Nazionale per la Difesa del Cane, Zero Cani in Canile non è più solo un sogno per Francesca Toto. A Vieste, in Puglia, le mancate sterilizzazioni portavano a continui accoppiamenti e in alcuni periodi dell’anno le cucciolate erano davvero numerose e vagantismo e randagismo erano una realtà preoccupante. «Con un lavoro in sinergia con l’assessore al benessere animale Vincenzo Ascoli, con le istituzioni, le forze dell’ordine, un nucleo specifico dedicato agli animali nella polizia Locale, Asl, associazioni di volontari e coordinato dal Comune di Vieste – racconta Toto-, abbiamo cominciato una mappatura a tappeto sul territorio con sterilizzazioni dei cani delle aree rurali. I proprietari sono quindi stati obbligati a chippare i propri cani. Quest’azione di sensibilizzazione, come conseguenza, li ha spinti a sterilizzare anche le femmine»
Grazie a questo non poco impegnativo lavoro di squadra, il Comune di Vieste non ha più cani né nel canile rifugio né nel canile sanitario. Adesso è possibile convertire quei locali in spazi per laboratori educativi sugli animali. «Il progetto Zero Cani in Canile – conclude Francesca Toto – sta trovando spazio anche in Puglia, Calabria e Lazio e, ad oggi, ha innescato un meccanismo virtuoso ed è un esempio da utilizzare in tutta Italia».
Impedire la riproduzione incontrollata degli animali da compagnia è una sfida perseguita da tempo. Molteplici sono le attività svolte dai volontari delle associazioni che quotidianamente si dedicano al recupero e alla cura di cani e gatti abbandonati. Il passo avanti è non rendere canili e gattili delle prigioni con ‘fine pena mai’ per i nostri amici pelosi.
«Credo che sia tempo di iniziare a lavorare non per avere canili migliori – afferma Ermanno Giudici nel suo blog ‘Il Patto Tradito’ -, ma per un futuro dove ne basteranno pochi e solo per assolvere a necessità particolari. Un paese, l’Italia, dove non dovremo più vedere centinaia di migliaia di animali prigionieri senza speranza di poter estinguere la loro pena».
Florinda Ambrogio