Uwe Wittstock racconta la fine della letteratura tedesca

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A Uwe Wittstock vanno riconosciute una grande pazienza e capacità di ricerca. In Febbraio 1933. L’inverno della letteratura (Marsilio, 2023) ha esplorato la vita di trentatré autori e artisti in Germania alla luce del cambiamento politico-culturale dopo l’avvento al potere dei nazisti. Alla fine di ogni giornata del mese di febbraio, Wittstock fa la conta dei morti delle violenze politiche nelle città tedesche. Quello che stupisce sin dalle prime pagine di questa sorta di diario a più voci è come il terrore arrivò presto in Germania e molti intellettuali lasciarono il Paese nel giro di poco tempo. L’autore non manca di fare paragoni con l’oggi. «La crescente spaccatura della società. L’incessante indignazione in rete che esacerba gli animi. […]. I sempre più numerosi atti di terrorismo […]. L’antisemitismo in aumento. I rischi per l’economia mondiale […]. L’ascesa di regimi nazionalistici».

Uwe Wittstock ripercorre le vite, tra le altre, di Else Lasker-Schüler, Alfred Döblin, Erich Kästner, George Grosz, Gabriele Tergit, Gottfried Benn. Eric Maria Remarque fu tra i primi a lasciare il Paese che già dava alle fiamme il suo Niente di nuovo sul fronte occidentale. Il 30 gennaio, giorno dell’elezione a Cancelliere di Adolf Hitler, Joseph Roth scrisse da Parigi all’amico Stefan Zweig: «Andiamo incontro a grandi catastrofi […]. La nostra vita non vale più un fico secco. Si è riusciti a far governare la barbarie. […] L’inferno è al potere». Mentre Roth lasciava la città, Egon Erwin Kisch, ebreo praghese di lingua tedesca, “reporter scatenato”, vi approdò. A Berlino Franz von Papen divenne vicecancelliere e godeva della fiducia del presidente Paul von Hindenburg, che disprezzava Hitler. Nel primo gabinetto Hitler c’erano solo due nazisti: Wilhelm Frick e Hermann Göring. Pericolo scampato? Non proprio.

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Carl von Ossietzky non si faceva ingannare. Il direttore della Weltbühne disse che il regime sarebbe durato anni, mentre gli attacchi delle SA e delle SS si moltiplicavano in tutto il Paese. Piano piano andarono a infrangersi tutte le speranze dei letterati, tra cui quelle di Heinrich Mann che, come Richard Coubenhove-Kalergi, aveva già formulato un progetto di unità europea. Ma Hitler aveva i suoi obiettivi. Ovvero, «ripristinare la pulizia nel nostro popolo. Pulizia in tutti gli ambiti della vita: pulizia nell’amministrazione, pulizia nella vita pubblica, ma anche nella nostra cultura». Non erano graditi gli stranieri. La pulizia nazionale doveva partire dall’élite. Ai primi di febbraio, Thomas Mann tenne una conferenza su Richard Wagner a Monaco. Definì il compositore di Bayreuth un socialista utopista cosmopolita ed europeo. Aveva abbandonato i toni del pre-Grande Guerra, quando era un fervente nazionalista – si vedano le Considerazioni di in impolitico.

Mann era un pacifista idealista romantico. Virtù denigrate nella Germania del 1933. Il Nobel inorridì di fronte alla violenza nazionalista e divenne un fervente oppositore del nazionalsocialismo e di Hitler. Nel frattempo, Kisch – che aveva il passaporto cecoslovacco – non voleva andarsene dalla Germania. Arrestato a fine febbraio e mandato a Spandau, fu poi liberato ai primi di marzo grazie a un intervento del ministero degli Esteri cecoslovacco. Bertolt Brecht faceva avanti e indietro dalla Svizzera ed era in preda ai problemi di salute. Sempre più amici di Carl Zuckmayer gli scrivevano che stavano lasciando il Paese. Molti scrittori e politici si rifugiavano a Vienna e Praga, aspettando un’implosione del governo Hitler. Un’illusione. A ventisei anni, Klaus Mann, sentiva la voglia di morire – scomparve in preda ad un’overdose a Cannes nel 1949. Il padre Thomas e la madre andarono in Svizzera, dove Margarete Steffin curava la tubercolosi.

Prima edizione di Niente di nuovo sul fronte occidentale. Foto: Wikimedia Commons

Fu qui che Mann senior, nel 1912, aveva sviluppato le prime idee per la sua La montagna incantata. Progressivamente, le voci della società civile si spegnevano. Le manifestazioni dell’SPD, racconta Uwe Wittstock, venivano disturbate dalle SA. Il momento di svolta fu l’incendio del Reichstag, lunedì 27 febbraio. Göring arrivò sul posto per primo; Hitler era a cena di Joseph Goebbels. Il futuro Feldmaresciallo si mise a strillare che erano stati i comunisti che tentavano un colpo di Stato. Hitler sbraitò. «Tutti i funzionari comunisti verranno fucilati sul posto. I deputati comunisti saranno impiccati questa notte stessa». D’accordo von Papen; proibiti i giornali di SPD e KPD. Marinus van der Lubbe, il comunista olandese accusato dell’incendio, venne arrestato. Il governo preparò il Decreto del Presidente del Reich per la protezione del Popolo e dello Stato e il Decreto contro il tradimento del popolo tedesco e le attività sovversive.

Hindenburg firmò senza esitare. Il primo aboliva i diritti fondamentali. Il secondo introdusse la pena di morte per determinati reati politici. Fu la fine dello Stato di diritto. Libertà di parola, associazione, riunione, inviolabilità del domicilio e della proprietà soppresse. La polizia poteva arrestare chiunque a piacimento. Non c’era alcuna resistenza legale nei confronti degli arresti. Il segretario della KPD Ernst Thälmann venne arrestato. I giornali stranieri accusati di agire contro il governo tedesco. Al via i primi roghi pubblici di libri. Goebbels allestì la Camera della cultura del Reich, subordinata al ministero della propaganda. Iniziava la cultura di Stato e dello Stato. Gustav Hartung si spostò a Zurigo. Erika Mann raggiunse i genitori ad Arosa. Sul lago di Lugano c’erano Hermann Hesse e Bernhard von Brentano e la Steffin. A Parigi rimaneva Kurt Weill. Ai nazisti ci volle un mese per distruggere la democrazia e la letteratura.

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Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, classe 1997, MA in Relazioni Internazionali, BSc in Comunicazione, giornalista freelance, gestisce “Blackstar”, www.amedeogasparini.com