Anticostituzione, una carta stravolta da cittadini e istituzioni

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Il sottotitolo di Anticostituzione (Garzanti, 2023), cioè Come abbiamo riscritto (in peggio) i principi della nostra società, riflette l’intento del suo autore, Gherardo Colombo, di ripercorrere la Costituzione italiana, correggendone gli articoli secondo gli stravolgimenti quotidiani da parte di cittadini e istituzioni. L’ex PM esordisce spiegando che si è radicata in lui la convinzione che quello che la Costituzione dice non corrisponde ai comportamenti sociali. Dunque, si è venuta a creare dal 1946 una costituzione occulta, ufficiosa. Una Anticostituzione, appunto. Colombo propone il testo della Costituzione reale e aggiunge i suoi commenti. Riscrive così lui quella che definisce la Costituzione di fatto. Il testo che Colombo propone è una provocazione intelligente che ci scomoda nelle nostre attività quotidiane. Si tratta di una buona occasione in primis per rileggere la Costituzione, ma anche per osservare come in tre quarti di secolo l’Italia e gli italiani siano mutati.

Il punto che potrebbe non convincere dell’analisi di Colombo è il fatto che non c’è scritto da nessuna parte che la Costituzione debba essere una legge divina che i cittadini devono ossequiare in sede di opinioni personali. In corsivo, le aggiunte dell’autore. «L’Italia è una Repubblica democratica a tendenza monarchico-feudale, fondata sul lavoro e sulla rendita. La sovranità appartiene al popolo, che tende a evitare di esercitarla per non esser chiamato a risponderne». L’articolo 1 presenta l’Italia agli italiani e al mondo. Nella Repubblica si è cittadini; nella monarchia sudditi. Colombo mette a fuoco la differenza tra monarchia e Repubblica. Nel primo caso un monarca decide; nel secondo, in democrazia, i decisori sono di più. Negli anni abbiamo abbandonato la nostra sovranità per evitare di assumercene la responsabilità, commenta Colombo.

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L’articolo 2: «La Repubblica riconosce e garantisce alcuni diritti inviolabili dell’uomo […], purché non si tratti di immigrati irregolari o in attesa di regolarizzazione, di poveri, di detenuti, [] di disabili». Qui Colombo punta il dito contro la diseguaglianza di trattamento nei confronti di alcuni cittadini. Senza la solidarietà non può esserci una tutela dei diritti. L’autore ricorda la fatica del Paese a sentirsi parte di una stessa comunità nazionale. L’Italia è ancora in parte quella dei comuni, delle contrade, delle tifoserie delle squadre di calcio. Articolo 3: «Solo i cittadini e gli stranieri abbienti hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, con [] distinzioni di genere, di etnia, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. La dignità sociale viene meno nel caso di condanna per reati non compresi tra quelli cosiddetti dei colletti bianchi».

A “sesso” oggi preferiremmo genere; “razza” verrebbe cancellata; “lingua” non tiene conto delle altre lingue. Nella riscrittura dell’Anticostituzione, Colombo inserisce anche critiche di natura politica, vedi articolo 4. «La Repubblica riconosce formalmente a tutti i cittadini e […] categorie di stranieri il diritto al lavoro». Critica le istituzioni e la burocrazia. La Repubblica «attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo nel rispetto dei principi di elefantiasi amministrativa e di incomunicabilità tra gli uffici» (articolo 5). Fa rima con l’articolo 41: «L’iniziativa economica privata è limitata dalle prassi, dagli adempimenti burocratici e dalle disposizioni che garantiscano rapporti privilegiati con i pubblici poteri». Basti pensare che in Francia occorrono tre giorni per aprire un’impresa, mentre in Italia undici settimane. Circa 260 euro per aprire in Francia, quasi quattromila in Italia. Colombo affronta la questione delle minoranze, discriminate nei fatti (articolo 6).

Articolo 8 dell’Anticostituzione: «Tutte le confessioni religiose diverse dalla cattolica sono più o meno libere davanti alla legge». L’articolo 9 riguarda il futuro: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica, purché ciò comporti l’impiego di risorse largamente insufficienti. Tutela occasionalmente il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione […]. Guarda alle future generazioni con altezzoso distacco». La spesa pubblica destinata ai servizi culturali in Italia è di appena 5.1 miliardi di euro, contro i 14,8 della Francia e i 13.5 di Germania secondo dati ISTAT (febbraio 2022). Articolo 11: «L’Italia ripudia in linea di principio la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli». L’Italia non esclude il ricorso alle armi. La guerra è esclusa solo per aggredire altri popoli. La guerra difensiva è dunque legittima e l’Italia la può fare.

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All’articolo 13 si regola la libertà personale. Che «è inviolabile, con le seguenti eccezioni. La detenzione, l’ispezione e la perquisizione personale [] sono consentite nei casi e modi previsti dalla legge e, nel caso si tratti di stranieri in attesa di identificazione». La questione della detenzione Colombo la conosce bene. Ai tempi di Mani Pulite, il magistrato e i colleghi furono accusati di avere le manette facili e di indurre gli indagati a parlare paventando la prospettiva del carcere. Dalla seconda metà del volume, Colombo critica la sua ex categoria. Meritoriamente, denuncia i danni che può fare una certa stampa sensazionalistica che non tiene conto dell’habeas corpus della persona. «L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva, salva la facoltà di sbattere […] il mostro in prima pagina. Le pene, e in particolare il carcere, possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità» (articolo 27).

«I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici, fatta eccezione per i magistrati […] sono direttamente responsabili […] degli atti compiuti in violazione di diritti» (articolo 28). E ancora, articolo 101: «La giustizia è amministrata in nome delle leggi e, occasionalmente, a furor di popolo». L’articolo 21 è da rivedere alla luce della rivoluzione tecnologica e dell’avvento dei social media: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, di sbeffeggiare e di insultare con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. I mezzi di diffusione possono pubblicare qualsiasi notizia comunque appresa, qualunque ne sia l’oggetto e anche oltre il rispetto della riservatezza e della dignità della persona. La stampa e gli altri mezzi di diffusione del pensiero o delle notizie non possono essere soggetti ad autorizzazioni o censure che non vengano dai gestori dei social».

All’articolo 29 si parla della famiglia: «Il matrimonio, rigorosamente tra uomo e donna, è ordinato sull’eguaglianza morale […]. È tollerata l’unione civile tra persone dello stesso sesso». Infine, all’articolo 37 dell’Anticostituzione, si parla di diseguaglianza nei fatti tra donne e uomini. Forse la più ingiustificata e odiosa, in barba a una retorica progressista che fa di questa questione solo una battaglia di bandiera. «La donna lavoratrice ha quasi gli stessi diritti e, a parità di lavoro, quasi le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore». Circa il dieci per cento delle donne ha subito nella propria vita molestie sessuali sul posto di lavoro. Il che è inaccettabile e si aggiunge alle subdole discriminazioni che le donne subiscono in Italia e non solo, a partire da salari ingiustificatamente più bassi di quelli degli uomini. Forse, tra gli elementi più odiosi dell’Anticostituzione che la società italiana ha adottato.

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Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, classe 1997, MA in Relazioni Internazionali, BSc in Comunicazione, giornalista freelance, gestisce “Blackstar”, www.amedeogasparini.com