Progettiamo un tatuaggio con Michel Mammi

michel mammi
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Il mondo dei tatuaggi è in continua evoluzione e, negli ultimi anni, sta godendo di una grande popolarità. Vedere persone tatuate, sia uomini che donne, è diventato sempre più comune nella società moderna, e questo fenomeno non si limita più a specifiche sottoculture o gruppi sociali. Sebbene i tatuaggi siano sempre più comuni, è importante ricordare che si tratta ancora di un’attività che richiede abilità e conoscenze specifiche. Non basta avere solo l’idea di ciò che si vuole tatuare, ma è necessario trovare la persona giusta che sia in grado di disegnare e realizzare il tatuaggio con perizia, precisione e, soprattutto, in sicurezza dal punto di vista igienico e sanitario.

Lasciando l’ambito igienico ad altre opportuni sedi, come si formano i futuri artisti? Ne abbiamo parlato con Michel Mammi, tatuatore e docente di Tattoo Design presso la prestigiosa Scuola Internazionale di Comics di Reggio Emilia.

Michel Mammi.

Come è nata la tua professione di tatuatore?

«Prima di fare il tatuatore, ero un fumettista. Ho cercato un mestiere alternativo, sempre però nell’ambito del disegno, la mia passione fin da piccolo. Sono andato a “bottega”, come si dice, per imparare. Ho cominciato facendo i disegni per i tatuatori che già tatuavano nello studio. Guardandoli, cercavo di guardare anche la tecnica per il tatuaggio sulla macchinetta. Ho fatto pratica prima sulle pelli sintetiche e poi, sotto supervisione, su di me.

Dopo un annetto di mal di pancia, ansia e paura mi sono lasciato andare. E oggi è il mio mestiere».

Cos’è il corso di Tattoo Design?

«Il corso di Tattoo Design della Comics di Reggio Emilia è un corso rivolto alle persone che vogliono imparare a ideare e progettare disegni che verranno poi tatuate su pelle. Questo significa assecondare le forme del corpo, eventuali difetti della pelle o ovviamente i desideri del cliente. Bisogna poi seguire gli stili richiesti dal mercato: giapponese, tradizionale, ornamentale, watercolor, old school o new school.

Il primo anno, che seguo personalmente, è rivolto solo alla fase di disegno e progettazione, mentre durante il secondo anno gli studenti imparano a usare la macchinetta sulla pelle sintetica».

Tutte le immagini utilizzate in questo articolo sono per gentile concessione dell’intervistato.

Capita spesso che qualcuno ti chieda disegni “tecnicamente” irrealizzabili sulla pelle?

«Ti dico, per fortuna no. Oggi la gente è abbastanza informata su quello che tecnicamente è fattibile o meno. Forse anche grazie ai social! Lo stesso vale non solo per i disegni in sé, ma anche riguardo alle zone in cui fa più o meno male, oppure nelle quali resta più o meno nella forma originale.

Quelle poche volte in cui capita la richiesta infattibile, con la giusta calma e la giusta educazione si spiega che è il disegno è irrealizzabile, per i motivi di cui sopra. La maggior parte delle volte il consiglio è fortunatamente ascoltato».

Il disegno digitale ha influito sul mondo dei tatuaggi?

«Direi decisamente di sì. Tutti i tatuatori usano tablet o tavolette grafiche, che rendono la fase di disegno molto più veloce offrendo un risultato qualitativamente migliore.

Per esempio un disegno di bozza può essere fatto direttamente sulla fotografia del braccio del cliente. Così si offre la possibilità di vedere il risultato “finale”: utilissimo in caso in cui si debba coprire una cicatrice oppure avvicinare il nuovo lavoro a un tatuaggio già esistente».

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Qual è la cosa più strana che ti hanno chiesto di realizzare?

«Il nostro studio non è troppo “alternativo”. Generalmente un cliente che vuole un lavoro “strano”, ambiguo o estremo non si rivolge a noi, ma a studi specializzati in questo.

Per quanto mi riguarda, mi sono stati richiesti degli smile “vecchia generazione” sulle chiappe [ride, ndr]! Oppure disegni tutto sommato normali, ma in posizioni curiose, come sulla testa o dentro l’orecchio».

Che valore ha per te un tatuaggio? Pezzo d’arte unico, affettivo o solamente ornamentale?

«Quando un tatuaggio ha un valore affettivo, per me ha un valore aggiunto. Ci si applica, anche da artista esecutore, con un riguardo ancora maggiore, se possibile.

Sono anche però molto a favore delle opere prettamente ornamentali o ludiche. Il tatuaggio, va detto, può essere anche solo per bellezza. L’occhio vuole la sua parte! E se qualcuno cerca per forza di dare un significato al proprio tatuaggio dico sempre che se piace, si può fare. Non ci vuole sempre e per forza un significato filosofico!».

Qual è il consiglio che dai sempre ai tuoi allievi?

«Il mio corso di inizio anno si chiama Anatomia del tatuaggio: il mio consiglio sta alla base di questo insegnamento. Sfruttare al meglio ogni singola parte del corpo che andiamo a tatuare.

Lo stesso soggetto dovrà essere progettato diversamente a seconda che sia un avambraccio stretto e lungo o un pettorale largo e quadrato. In base a ogni superficie e cliente, bisogna essere flessibili e sapersi adattare».

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Marco Capriglio

Nato nel 1996 a Scandiano (RE), terra di Lazzaro Spallanzani e dell'Orlando Innamorato, sono docente di sostegno nella scuola secondaria di secondo grado. Ex vicepresidente della casa editrice theWise APS che pubblica il mensile PRISMAG, mi divido tra il mondo della disabilità e quello della storia locale, soprattutto in ambito militare: ho l'onore di aver pubblicato, tra i vari, per il "Notiziario Storico dell'Arma dei Carabinieri". Nel tempo libero sono addetto stampa dell'Associazione Nazionale Carabinieri Sez. Scandiano e faccio parte del Comitato di redazione de "L'Alpino Modenese", periodico della Sezione Alpini di Modena. Ho una seconda identità di batterista punk rock. Sono un fermo sostenitore della Repubblica, delle sue Istituzioni democratiche e del dialogo fra i Popoli.