Un anno di guerra in Ucraina: ora che ne pensano i russi
Sirene antiaeree suonano in maniera ininterrotta nel centro di Kiev. I civili della capitale ucraina si nascondono nelle stazioni metropolitane, chi può scappa verso ovest. È il 24 febbraio di un anno fa. Nello stesso momento – sono le sei di mattina in Russia – Vladimir Putin è in diretta sulla televisione pubblica. Dietro di lui, alla sua destra la bandiera nazionale, alla sinistra lo stemma imperiale. Entrambe le mani sulla scrivania, inizia a riscrivere la storia. Non solo si rifiuta di chiamarla guerra, di chiamarla aggressione – è «un’operazione militare speciale», spiega. Ma invita Kiev, che in quel momento sta venendo colpita da missili balistici o da crociera, a «deporre immediatamente le armi».
È passato un anno da quell’annuncio. Zelensky non ha ancora dichiarato la resa. E mentre sul suolo ucraino si combatte per la vita e per la morte, in Russia la vita continua. Il Cremlino ha una ferrea presa sui media del Paese, in particolare sulla televisione, che glorifica l’invasione russa dell’Ucraina come una missione di liberazione e chiame false tutte le notizie che provano disfatte militari o crimini di guerra. E anche internet, che dovrebbe essere un luogo libero, diventa una realtà alternativa pro-Putin.
Eppure, nonostante l’opinione pubblica russa sia sottoposta alla forte pressione della propaganda e alla minaccia di rappresaglie, il predominio del punto di vista del governo sta iniziando a vacillare.
Gli ultimi risultati pubblicati a dicembre dal Levada Center, un’organizzazione russa indipendente e non governativa che compie sondaggi e ricerche sociologiche, mostrano che, a novembre, l’attenzione e la preoccupazione degli intervistati per gli eventi ucraini sono diminuite. Il sostegno alle forze armate russe rimane alto, ma, allo stesso tempo, circa la metà degli intervistati sarebbe favorevole ad avviare i negoziati di pace. La maggior parte del campione ritiene che l’“operazione militare speciale” – “guerra” è una parola bandita – stia procedendo con successo. Anche se continua a crescere la percentuale di chi crede che il conflitto durerà ancora per altri sei mesi o più.
Secondo il Washington Post, il sostegno alla campagna militare può essere interpretato come un consenso imposto. Nell’ultimo anno, il governo russo ha intensificato l’uso della legge e della repressione diretta per dissuadere e punire chi si oppone alla guerra. E dati gli sforzi del Cremlino per limitare l’espressione pubblica del dissenso, i politologi si chiedono se i russi non stiano mentendo ai sondaggisti. Infatti, a quasi un anno dall’invasione, circa il 70 per cento dei russi sostiene la guerra, mentre nel dicembre 2021 meno del 10 per cento dei russi voleva vedere le truppe russe combattere in Ucraina.
Il quotidiano americano si chiede dove sia andata a finire, ad esempio, l’opposizione dei giovani russi, che si sono opposti apertamente alla guerra fin dall’inizio, e perché non appaia nei sondaggi. Uno studio di Extreme Scan suggerisce che nel campione siano stati inclusi pochi utenti di internet, e quindi meno russi giovani e istruiti. Chi usa la televisione come maggiore fonte di informazione è più persuaso dalla propaganda filogovernativa martellante a credere che tutto vada bene.
«È meglio non rivelare le dinamiche interne, non alzare la tensione e non far arrabbiare la gente», ha spiegato un consulente politico che lavora con il Cremlino. I media statali e gli organi di propaganda russi hanno già ricevuto istruzioni di non soffermarsi sulla guerra e di concentrarsi su una programmazione più leggera e positiva.
Nelle prime settimane di guerra, l’umore dell’opinione pubblica russa era instabile. I sondaggi hanno registrato paura (31 per cento), shock (12 per cento) e indignazione (8 per cento), ma comunque affiancati all’orgoglio nazionale (51 per cento). Nel giro di un mese, però, l’ansia iniziale dei russi ha iniziato a dissiparsi. I sondaggi hanno mostrato che una grande maggioranza (80 per cento) ha sostenuto “le azioni delle forze armate russe in Ucraina”. Dina Smeltz e Lily Wojtowicz del Washington Post hanno attribuito questo risultato alla risonanza dell’atteggiamento anti-Nato di Putin. Nella sua narrazione, il presidente russo racconta che l’Occidente non riesca a tollerare l’esistenza stessa della Russia e che la Nato si stia servendo dell’Ucraina per arrivare a Mosca e distruggerla.
Questa è la narrazione predominante. Non solo perché è quella ufficiale, ma perché è difficile trovarne di alternative. Anche su internet. BBC Monitoring ha tentato di scoprire cosa vedono i russi quando effettuano ricerche sul web, utilizzando una rete privata virtuale (VPN) così da far sembrare che le ricerche partano dalla Russia. La prova è stata fatta sui principali motori di ricerca russi – Yandex e Google – usando parole chiave relative alla guerra in Ucraina. Ad esempio, delle morti di Bucha che hanno scioccato il mondo, nella prima pagina dei risultati di Yandex, non v’è traccia. Come non fossero mai avvenute. La scoperta di luoghi di sepoltura di massa a ottobre nella città di Lyman, dopo che era stata riconquistata dalle forze russe, è stata descritta su Yandex da un punto di vista pro-Cremlino: i primi dieci risultati sono articoli che incolpano i “nazisti” ucraini per gli omicidi. Per cui viene difficile farsi domande sull’opinione pubblica dei russi. Sono sotto una campana di vetro. Guardano un altro film.
C’è anche una fetta di sostenitori conformisti che credono che la guerra si sarebbe potuta evitare ma, dato che si è fatta comunque, decidono di sostenerla. Secondo Andrey Pertsev, corrispondente di Meduza, i russi sono riluttanti a partecipare personalmente alla guerra. Continuano a sostenerla, ma hanno poca voglia di parteciparvi in prima persona. Il loro sostegno dichiarato è stato, fin dall’inizio, verso qualcosa che percepivano non avere nulla a che fare con loro.
A sostegno di ciò, arrivano in soccorso i dati sulla percentuale di russi favorevole ai colloqui di pace con l’Ucraina, che ha iniziato a crescere rapidamente dopo il decreto di mobilitazione di Putin.
La mobilitazione parziale delle forze armate, annunciata il 21 settembre dal presidente russo, prevede il richiamo di 300.000 riservisti, uomini che hanno già servito nell’esercito, con esperienza di combattimento e specializzazioni militari. All’improvviso, i russi si sono trovati di fronte allo sgretolamento della loro vita quotidiana e a un forte senso di pericolo. Prima della mobilitazione, alla domanda: «Qual è lo stato d’animo che nota di più tra le persone che la circondano?» si rispondeva con la parola «ansia» poco più del 30 per cento delle volte. In seguito al decreto di mobilitazione, la frequenza di questa risposta è raddoppiata: ora si parla di «ansia» nel 69 per cento dei casi.
Meduza riporta che il Cremlino ha commissionato una serie di focus group per scoprire cosa pensano i cittadini della mobilitazione. Il risultato è prevedibile: frustrazione. Ne è emersa una tendenza anti-Putin molto chiara, anche tra coloro che sostengono l’operazione speciale. Anche le persone a favore direbbero che tutto è organizzato male, ed è colpa del presidente, dal momento che è stato lui a nominare tutti gli altri funzionari e militari».
E questo si è riflesso nei sondaggi. Nello studio di Levada, il 57 per cento degli intervistati ha dichiarato ora di essere favorevole, o potenzialmente favorevole, ai colloqui di pace con l’Ucraina. Nel luglio 2022, solo il 30 per cento degli intervistati era favorevole a porre fine alla guerra attraverso i negoziati di pace.
«In altre parole», conclude Pertsev, «la guerra in Ucraina piace solo ai russi che non la devono combattere».