MxRxGxA è la cosa più fresca che c’è nel rap italiano
Quanti nuovi rapper nascono in Italia ogni giorno? Quanti ragazzi, da semplici fan del genere, si trasformano in aspiranti artisti, mossi da una genuina passione o attratti dallo strabiliante successo dei loro predecessori? Impossibile rinvenire dati concreti sul tema. Tuttavia, è ragionevole credere che il numero sia sempre più in crescita. Da genere musicale di nicchia, negli ultimi vent’anni il rap ha vissuto una crescita costante, scandita da alcune tappe precise che gli hanno conferito un grande impulso in termini di popolarità. La prima ha coinciso con l’ingresso nelle major di alcuni rapper “storici” (Fabri Fibra, Marracash, Club Dogo…). La seconda è stata segnata dall’esplosione della cosiddetta trap, avvenuta attorno al 2016, anno considerato un vero e proprio spartiacque dai cultori del genere.
Ma se il rap evolve così in fretta e raggiunge le vette delle classifiche pop, com’è possibile che a fare il rap più interessante sia MxRxGxA, un collettivo con a capo un rapper e producer che ha iniziato negli anni Novanta?
Leggi anche: Kendrick Lamar: Mr. Morale o Big Stepper?
Cos’è MxRxGxA
MxRxGxA è l’acronimo di Make Rap Great Again, ed è la missione personale di Gionni Gioielli, al secolo Matteo Prata, veneto classe 1979. Gioielli viene da un hip hop, quello della fine degli anni Novanta, che era underground non per vocazione, ma per necessità. È per questo motivo che, anche se l’ascoltatore medio di rapper come Noyz Narcos potrebbe non averlo mai sentito nominare, i suoi idoli lo conoscono e lo stimano di persona. Nella provincia di Venezia, nel 1995 Gioielli ha fondato la crew Adriacosta (tuttora in attività) insieme a Nex Cassel. Con quest’ultimo e con il rapper Gionni Grano ha creato anche il gruppo Micromala.
Gionni Gioielli rivendica spesso con orgoglio il fatto che il rap non è la sua principale professione. Prata ha infatti sempre fatto altri lavori, e questo ha significato negli anni una certa libertà espressiva e fedeltà stilistica all’hip hop delle origini, data dalla mancata esigenza di inseguire il mercato discografico.
È intorno a questo tema che nasce MxRxGxA. Dopo il progetto Young Bettino Story (2018) il rapper e producer veneto si è ritrovato fra le mani un sound e un’identità ben definite. Ha iniziato così coinvolgendo prima Blo/B (il quale cura anche le grafiche di tutti i progetti del gruppo) per il disco MOMA (2018), poi il rapper Lil’ Pin per l’album Anonima Sequestri (2019). Nel giro di pochi anni, grazie anche a un vero e proprio lavoro di scouting condotto dallo stesso Gioielli, si sono uniti al collettivo molti artisti, fra i quali Armani Doc, RollzRois e Elia Phoks. MxRxGxA, che nel tempo è diventata anche un’etichetta, è oggi un punto di riferimento nell’underground grazie anche alla sua grande prolificità. Il gruppo, infatti, fra progetti solisti e mixtape collettivi, ha prodotto una ventina di album nel giro di appena tre anni.
L’estetica di MxRxGxA
I componenti di Make Rap Great Again sono accomunati da alcune caratteristiche stilistiche. Innanzitutto il sound delle basi, che deve la sua omogeneità stilistica al fatto che dietro ai dischi del gruppo, anche quelli solisti, c’è quasi sempre la mano di Gionni Gioielli stesso. I beat della MxRxGxA sono in controtendenza, recuperano lo stile dell’hip hop delle origini, snobbando le library e gli 808 per prediligere loop e sample, alla vecchia maniera. Gioielli attinge sempre da uno sterminato ventaglio di discografia funk, soul e jazz per fabbricare basi che suonano old school e attualissime allo stesso tempo.
Leggi anche: Trent’anni di rap italiano e un cerchio che si chiude
Stesso discorso per la voce, sia per quanto riguarda il flow, che per la scrittura e i testi. Gioielli & co. optano per l’uso di uno o due flow monocorde, che caratterizzino il rapper in questione, tralasciando le linee melodiche e i ritornelli. Ciò consente di spostare tutta l’attenzione sulla musicalità della base, ma soprattutto sul contenuto del testo. È questo il vero punto forte del collettivo, come d’altra parte deve essere per un gruppo di rapper. I testi dei componenti di MxRxGxA sono sboccati e divertenti, come vuole il rap delle origini, ma allo stesso tempo sempre intelligenti e colti. Rifuggendo da ogni banalità becera il gruppo riesce sempre a bilanciare serio e faceto, senza lesinare sulla critica sociale e politica.
Uno stile che, alla fine, più che il mainstream da radio, attacca l’underground stesso, troppo serioso, autoriferito e, dunque, noioso. Tuttavia, non mancano né il conclamato successo del gruppo nell’underground stesso, né gli attestati di stima da più o meno ogni ambiente dell’hip hop italiano.
L’hip hop, in purezza
MxRxGxA è insomma un collettivo hip hop autentico, che guarda al futuro tenendo fede al suo passato glorioso, senza cadere nella retorica nostalgica. In questo senso i punti di riferimento vengono molto più dagli Stati Uniti che dall’Italia. Ma se da una parte si sente il culto per il rap degli anni d’oro (quello di Snoop Dogg, di Nas o degli NWA), non mancano comunque le fonti d’ispirazione contemporanee. Tutto il collettivo, per esempio, è ispirato in maniera esplicita alla Griselda Records di Westside Gunn, anche se negli anni se n’è allontanato, andando a costituire uno stile personale e già iconico. Tuttavia, Gionni Gioielli continua a omaggiare il rapper di Buffalo in ogni sua strofa, ripentendo sempre la barra «figli di puttana sono una leggenda».
Leggi anche: George Floyd, il rap e la protesta
Il forte immaginario hip hop si nota anche nella cultura del dissing, praticata nel suo senso originario. Il pubblico italiano, ha sostenuto più volte Gioielli, non ha mai compreso il senso autentico del dissing. In Italia si crede che rapper storici come Tupac e The Notorious B.I.G. siano morti in nome di una faida che aveva a che fare col dissing. In questo modo, anche i rapper italiani finiscono per imitare una cultura americana che in fondo non esiste, litigando su Instagram o picchiandosi per strada.
Il dissing invece, dice Gioielli, è una sfida nel rap, una dimostrazione di bravura con le rime, le metriche e gli incastri. Serve proprio a sublimare la violenza di strada e trasferirla in un contesto più innocuo e divertente, in cui ci si insulta a vicenda, ma nessuno si fa male. È quello che è successo, per esempio, fra Gionni Gioielli e un altro rapper veneto, Jamil. I due, senz’altro mossi da un astio reciproco, hanno finito per intrattenere i fan con una serie di brani botta e risposta.
L’immaginario di MxRxGxA
Tuttavia, l’immaginario di Make Rap Great Again non è solo hip hop, e d’altra parte non potrebbe esserlo. Sarebbe difficile riempire venti dischi di rime e strofe tutte autoriferite. Rispetto a molti altri colleghi, i membri del collettivo sono artisti colti in senso lato e gli album, nel concept generale, nei titoli delle canzoni, nelle grafiche e negli skit inseriti nei brani fanno riferimento tanto alla cosiddetta cultura alta quanto al pop e al mainstream. Da questo punto di vista, è abbastanza eloquente la parabola che inizia con Young Bettino Story (in riferimento a Bettino Craxi) e arriva, a oggi, a Luchino Visconti (disco del rapper siciliano Toni Zeno), passando per titoli come Pornostar e Festivalbars.
È vero anche che i concept scelti servono spesso più che altro a dare una sfumatura estetica di fondo, un richiamo generale. Nei testi, tutti i rapper del gruppo lasciano grande spazio a una certa libertà creativa, senza confinarsi in un tema o in uno storytelling. Spesso, anzi, i riferimenti “paratestuali” come i titoli e le grafiche hanno un valore metaforico che viene poi richiamato nei testi.
È il caso, ad esempio, del verso di Gionni Gioielli «Sono Young Bettino per sti Young Berlusca» (Bonnie Rotten) che lascia intendere che l’artista sia sulla scena da prima di tutti i rapper del momento e abbia dunque per loro una sorta di ruolo genitoriale, come quello che ha ha avuto Craxi per Berlusconi. Ma lo stesso avviene anche per la barra «Questi fanno i rapstar, rockstar, popstar. Io porto l’hardocore, pare, pornostar» (Karma RX) che spiega il senso del concept dell’intero disco, in riferimento alla rivendicazione di uno stile rap hardcore, in un periodo in cui molti rapper si definiscono nei loro dischi “popstar” o “rockstar”
Leggi anche: Gli innegabili meriti di Sfera Ebbasta
Il futuro del gruppo
Nonostante il successo ormai conclamato nell’urderground, MxRxGxA non accenna a fermarsi, tantomeno a rallentare. Il disco già citato del rapper Toni Zeno e prodotto da Gionni Gioielli, Luchino Visconti, apre la “fase 4” dell’esperienza del collettivo. Quest’ultimo, infatti, ha deciso di divedere le proprie pubblicazioni in fasi (come i film della Marvel), in chiusura delle quali ci sarà sempre un disco collettivo che vede riuniti tutti i membri. Nonostante un numero incredibile di album pubblicati in pochissimo tempo, la sensazione è comunque quella di essere appena all’inizio. A pochi giorni dall’ultima uscita ne è stata già annunciata un’altra: 10.5 di Elia Phoks, prodotto sempre da Gioielli.
La presenza su tutto il territorio nazionale è, d’altra parte, un altro punto di forza di Make Rap Great Again. È emblematico che una realtà nata sulle coste del Veneto scopra e promuova a oggi talenti siciliani, provenienti dalla parte diametralmente opposta dell’Italia. Voci diverse da zone diverse che compongono un mosaico insieme omogeneo e caleidoscopico, in nome di un hip hop puro ma sempre nuovo.
Il successo del collettivo, ottenuto con sound lo-fi e senza ritornelli accattivanti, è solo all’apparenza una contraddizione. I membri di MxRxGxA, Gionni Gioielli in primis, hanno capito che se la forza del pop sta nei mezzi di produzione e diffusione, quella dell’underground sta nella libertà espressiva. Non sfruttarla è peggio che vendersi: è un suicidio artistico.