Giornali e tv hanno nascosto un possibile Pfizergate?

Vaccino Pfizer
Vaccino Pfizer - Photo by Mika Baumeister on Unsplash
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Questo potrebbe essere un esempio di titolo acchiappaclick di blog e articoli di stampo complottista. Oppure una domanda provocatoria di quelle persone che, da inizio pandemia, vedono di cattivo occhio i vaccini. Uno scandalo che li coinvolga non farebbe altro che dare ragione alla loro strenua resistenza.

Nell’ultimo anno, i vaccini sono stati una potente arma di contrasto al virus, capace di alimentare la speranza di uscire da questo periodo buio. Non di meno, trovano risalto, seppur in numero limitato, gli episodi di criticità riguardo i vaccini, come successo con AstraZeneca. L’impressione, però, è che per Pfizer non ci sia stata la stessa copertura mediatica. Come mai?

Logo Pfizer - pfizergate
Logo Pfizer. Foto: Wikimedia Commons.

Pfizergate: gli elementi dello scoop

Partiamo dal principio. Il 2 novembre scorso, il giornalista investigativo Paul D. Thacker ha pubblicato sul British Medical Journal (BMJ) un articolo in cui riportava la testimonianza di un’ex dipendente di Ventavia, società a cui Pfizer aveva appaltato parte del trial clinico per lo sviluppo del vaccino contro il Covid-19.  Brook Jackson, questo il nome della whistleblower, è stata per un paio di settimane a settembre 2020 direttrice regionale di Ventavia.

In questo breve periodo, la dottoressa Jackson aveva evidenziato delle irregolarità nella gestione del trial, esprimendo preoccupazioni ai suoi superiori circa l’attendibilità dei dati raccolti. Vedendo che non venivano presi provvedimenti a riguardo, la Jackson ha poi contattato direttamente la Food and Drug Administration (Fda), elencando le criticità a cui era soggetto il trial. Il tutto supportato da foto e video raccolti a fine turno e registrazioni audio delle discussioni con i propri dirigenti.

Le attività contestate riguardano smaltimento errato delle siringhe, conservazione non adeguata delle fiale, partecipanti non monitorati dal personale dopo le iniezioni, etichettatura errata dei campioni, ritardo nella comunicazione di eventuali episodi avversi. La segnalazione è costata cara alla Jackson, tanto da venir licenziata il giorno stesso del contatto con Fda.

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Perché stare tranquilli di fronte a questo caso

Nonostante l’episodio sia serio e faccia riflettere, l’efficacia del vaccino non è messa in dubbio. A distanza di un anno tra la segnalazione della dottoressa Jackson e la pubblicazione dell’articolo sul Bmj, sono state somministrate milioni di dosi di vaccino Pfizer e gli effetti benefici sono indiscutibili.

Nella puntata dell’8 novembre di Uno, Nessuno, 100Milan di Radio24, il giornalista del Foglio Enrico Bucci, parlando della sperimentazione di Ventavia, ha affermato che «non ha il potere statistico di mettere in dubbio né i dati della sperimentazione di allora, né i dati che sono venuti dopo». Questo perché solo tre delle centocinquantatré sperimentazioni erano responsabilità di Ventavia. Inoltre, i soggetti coinvolti sono circa un migliaio, rispetto ai 44mila totali. Una percentuale, quindi, bassa rispetto alla totalità degli studi clinici.

Per giunta, quello che emerge dall’articolo di Thacker sembra essere un caso di negligenza, piuttosto che una falsificazione sistematica dei dati. Lo stesso Bucci afferma che le pratiche denunciate possono aumentare o diminuire allo stesso modo gli indici di efficacia del vaccino. Per esempio, il non monitoraggio dei soggetti vaccinati dopo la somministrazione può aver fornito un dato sballato sulla presenza di eventi avversi. D’altro canto, la cattiva conservazione delle fiale di vaccino può aver fatto registrare una minore efficacia dello stesso contro il virus.

Pfizergate: i mancati controlli di Fda

Quanto visto in precedenza è sufficiente a far gridare al complotto chi crede che dietro a questa pandemia ci sia la mano dei cosiddetti “poteri forti”. Inoltre, qualche dubbio potrebbe venire a chi ripone la propria fiducia in scienza e istituzioni e che, nonostante paure e perplessità, ha deciso di vaccinarsi. Se da una parte è stata evidenziata, come indicato nell’articolo, una situazione di “poor laboratory management“, e cioè una gestione del laboratorio poco accurata, dall’altra fa molto rumore la mancanza di interventi da parte degli organi regolatori.

Secondo Bucci, sarebbe da capire come mai Fda non si sia mossa subito in seguito alle giustificate segnalazioni fatte da Brook Jackson. Basti pensare che dei centocinquantatré siti dove veniva sperimentato il vaccino Pfizer, Fda ne ha controllati solamente nove e tra questi non risulta esserci quello di Ventavia. Secondo il giornalista del Foglio, è grave che venga meno un controllo pubblico in questi ambiti. Errori nei cicli produttivi delle imprese sono comuni, ma la mancanza di una vigilanza attenta può alimentare un tipo di informazione tendenziosa.

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Perché il Pfizergate ha avuto poca risonanza sui media?

Rispetto ad altre notizie riguardanti i vaccini, quello sul presunto Pfizergate è passato in secondo piano. Il giornalista Nicola Porro, per esempio, denuncia un disinteresse da parte della stampa italiana per quanto accaduto, mentre nel resto del mondo se ne parlerebbe. Altri giornalisti stranieri, però, notano lo stesso trattamento per la notizia nei loro rispettivi Paesi.

Una possibile risposta a questa domanda potrebbe essere, innanzitutto, la necessità di un’indagine. Prima di gridare alla scandalo, si vuole aspettare che vengano effettuate le dovute verifiche su quanto successo. Il fatto che la denuncia partita dalla dottoressa Jackson fosse stata fatta mentre era ancora dipendente di Ventavia fa pensare che sia genuina e non dettata dalla ritorsione in seguito al licenziamento. Enrico Bucci ha affermato, però, che Paul D. Thacker sia un giornalista indipendente conosciuto per le sue tesi talvolta complottiste, come ha dimostrato in passato occupandosi di Ogm (organismi geneticamente modificati).

Un’altra ipotesi potrebbe essere quella di evitare un effetto panico come accaduto per il vaccino AstraZeneca. In un momento in cui la vaccinazione sembra l’arma più efficace, anche se non l’unica contro il virus, un altro rallentamento della somministrazione potrebbe causare un effetto domino sulla crescita degli infetti e le conseguenti chiusure. Siccome a distanza di un anno l’efficacia è comprovata e i rischi risultano molto limitati, sarebbe poco lungimirante alimentare dubbi su una copertura dal virus che è confermata.

Un terzo argomento potrebbe essere il voler evitare di alimentare pensieri complottisti e no-vax. La continua critica al troppo spazio mediatico riservato a queste persone ha spinto diverse testate a ridimensionare la diffusione di messaggi contrastanti, che, per copertura, possano apparire alla pari o posti sullo stesso piano delle considerazioni della maggioranza di esperti e soggetti informati.  

Una strategia del silenzio rischiosa

Chi pensa che il fenomeno di agenda setting dei vari organi di stampa possa amplificare o silenziare determinate notizie non fa i conti con i nuovi canali di informazione. Soprattutto, non tiene in considerazione la velocità con cui le notizie sensazionalistiche fanno il giro del mondo. Come visto sopra, non affrontare con chiarezza un argomento come questo che coinvolge Pfizer può essere una strategia, ma con il rischio di essere controproducente.

In questo caso ci sono stati molti silenzi. Quello di Pfizer, che non ha emesso alcun comunicato per spiegare quanto successo. Quello di Fda, che in quanto ente regolatore pubblico ha il dovere di rendersi credibile agli occhi dei cittadini che dovrebbe tutelare. E poi c’è il silenzio dei professionisti dell’informazione, i quali hanno un ruolo primario nella costruzione di un’opinione informata, che fornisca i giusti strumenti di lettura di ciò che accade nel mondo. Questa strategia del silenzio non lascia solo vuoti informativi ma, piuttosto, permette che questi vengano riempiti da tutte quelle risposte tendenziose e orientate al complotto che non trovano la barriera di un’informazione legittima e puntuale.

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