Teatro e restrizioni: quale futuro?

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Il teatro ha rappresentato e rappresenta nella storia italiana un punto di riferimento nella produzione culturale. In un’era che punta sempre di più al digitale, i palchi di tutta Italia ci rendono partecipi della magia dello spettacolo dal vivo. Prosa, lirica, concerti: tutto un mondo che si è visto bloccato durante il lockdown. Un settore che muove – assieme al cinema – un indotto di 4,7 miliardi di euro e che forse troppo spesso viene dimenticato. Il panorama teatrale italiano risulta ad oggi molto frammentato, con una forte divaricazione tra pubblico e privato. E mentre alcuni sono riusciti a riprogrammare un cartellone almeno fino a dicembre, altri aspettano il 2021 per ripartire. Certo è che in ogni caso conciliare le nuove restrizioni con l’attività del teatro non è affatto semplice.

Non solo teatro

Una delle prime cose da ricordare sul teatro è che non si tratta solo di recitazione. La macchina teatrale – e dello spettacolo dal vivo in genere – muove un’infinità di figure professionali e settori. Partendo dall’interno, al funzionamento di un teatro operano tecnici, contabili e amministratori. L’importanza di questo comparto eguaglia quella del lato prettamente artistico. Questo rende lo spettacolo dal vivo un settore in grado di impiegare professionisti dai più disparati background, combinando insieme conoscenze umanistiche, scientifiche ed economiche. 

Allargando poi questo sguardo verso l’esterno, l’indotto è forse ancora più notevole. Come la maggioranza delle macchine culturali, i teatri mettono in moto delle sinergie col territorio in cui operano. Ristorazione e accoglienza sono i settori che traggono direttamente benefici dalle attività teatrali, i quali si moltiplicano con eventi come i festival. Questo si interseca direttamente con la macchina turistica, che in alcuni casi plasma addirittura il cartellone della produzione teatrale. Emblematico il caso del Teatro La Fenice di Venezia, che deve proprio alle richieste dei turisti la forte presenza de La Traviata nel cartellone.

Resta da chiedersi se e in che modo questo mondo è stato modificato dalla pandemia e quali sono i prospetti futuri.

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Il teatro tra pubblico e privato

Tra i teatri finanziati pubblicamente e non il divario è sempre stato netto. Tuttavia, nella riapertura post covid questa differenza si è notevolmente accentuata. Il FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo) ha sempre rappresentato un’entrata importante per gli enti teatrali e ora fa da discriminante in questa riapertura. Dopo la chiusura nei mesi di marzo-maggio, chi ha potuto usufruire dei fondi statali è riuscito quantomeno a rimanere aperto per riprogrammare la stagione. La situazione per chi opera completamente da privato si è invece complicata ulteriormente.

Basti considerare che se per un teatro sovvenzionato da fondi pubblici questi coprono circa il 65% del bilancio, questo per i teatri privati è coperto dall’incasso dai biglietti. Senza i fondi ad attutire le perdite dovute ai mesi di chiusura e le platee ridotte drasticamente, anche riprogrammare gli eventi è diventato problematico. Molte compagnie si sono fermate e molti teatri hanno sospeso la produzione fino ad almeno gennaio 2021. Come indica Fortunato Ortombina – sovrintendente del Teatro La Fenice – in una recente intervista per RaiNews24 in merito al DPCM di prossima uscita, fare uno spettacolo indirizzato a un pubblico di mille persone per duecento spettatori non è possibile. Ma nemmeno se il progetto iniziale ne avesse previsti trecento sarebbe possibile. 

Tuttavia, nonostante l’apporto del FUS, anche i teatri pubblici non sembrano nutrire ottimismo verso il futuro. Dando un’occhiata ai cartelloni, molti di questi presentano spettacoli fino a dicembre. Per il dopo, ben pochi teatri si arrischiano a mettere su un calendario di produzione.

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Interno del Teatro La Fenice di Venezia.

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Festival e rassegne estive

Eppure, le premesse dei vari eventi e festival estivi sembravano promettere una forte ripresa. Lo spettacolo dal vivo, affamato di pubblico per definizione, si è ingegnato per tenere viva l’attenzione dei propri spettatori. Così, complice la bella stagione e un calo dei contagi, si è approfittato degli spazi aperti ove possibile. Adesso, con la stagione fredda che avanza, il pubblico continua a rispondere bene, ma chiedendo anche normalità. 

Alcuni teatri e compagnie sono riuscite a trasformare i limiti in opportunità e stimolo creativo, aprendo di fatto le porte a una produzione che coprisse il cartellone almeno fino a dicembre. Questo è  il caso di Contemporaneafestival20, organizzato dal Teatro Metastasio di Prato. Per più di una settimana diversi luoghi della città sono stati trasformati in spazio scenico, con grande partecipazione del pubblico. Gli spettacoli sono stati adattati alle esigenze del particolare momento, trasformando le restrizioni in creatività. Rimanendo in Toscana, sono però molti di più gli esempi di teatri che hanno puntato e deciso di continuare a puntare su rassegne di monologhi per far ripartire la stagione. Pur essendo un modo per ripartire, non si può certo parlare di una stagione vera e propria. Questa rimane però la scelta condivisa da molti teatri privati, come il Puccini di Firenze.

La svolta di ottobre: nuove restrizioni in arrivo per il mondo del teatro?

Dopo un’estate in cui le linee guida del governo sono rimaste in larga parte costanti, con lievi aperture che hanno fatto ben sperare, il nuovo DPCM del 13 ottobre sembra scuotere di nuovo le fondamenta. Per trenta giorni, le capienze dei teatri avranno un tetto massimo fissato a duecento. Certo, questo numero potrà essere modificato in accordo tra regioni e Ministro della Salute, ma intanto la stagione teatrale è a rischio. Alcuni teatri già avevano ripreso le loro attività e un cambiamento del genere rischia di stravolgere totalmente il cartellone.

Da notare poi le restrizioni in merito alle uscite didattiche, ora vietate fino a metà novembre. Questo, seppure in maniera tangente, colpisce tutti quei teatri che organizzano rassegne dedicate alla scuola e ai ragazzi. Dopo gli sforzi per poter garantire alle scuole una partecipazione in tutta sicurezza, le attività risultano bloccate improvvisamente.  Non resta che continuare a riorganizzarsi e guardare avanti, anche se il timore di una proroga a questo DPCM già aleggia nel settore.

Quel che in definitiva sembra mancare per mettere un punto e ripartire è una norma stabile. I teatri si sono ritrovati a ideare e modificare più volte la stessa rassegna, cercando gestire in maniera elastica le variazioni che di volta in volta si dovevano applicare in base ai DPCM. L’incertezza è parte integrante dell’organizzazione di spettacoli dal vivo, ma si è sempre trattato di un rischio calcolato. Il rischio di organizzare tutto a norma per poi vedersi all’improvviso vanificare i propri sforzi rimane però un ostacolo troppo grande per molti, troppi teatri. Così mentre la maggioranza dei teatri aspetta speranzosa, lavorando alla produzione per il 2021, chi ha coraggiosamente deciso di ripartire si trova ora a dover affrontare l’ennesimo cambiamento. 

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