Contro il gioco d’azzardo: theWise incontra Taxi1729
Nata nel 2012, la società si occupa di formazione e comunicazione scientifica. Come si legge dal loro sito, parlano di numeri e spaziando tra matematica e psicologia, si occupano di economia, pensiero creativo, gioco d’azzardo e test d’ingresso. Il loro obiettivo è quello di raccontare la scienza in modo preciso e approfondito, ma anche appassionato, attivo, divertente e soprattutto eticamente responsabile.
Nel 2010 sono stati premiati al Festival dei Giovani Talenti dal Ministero della Gioventù. Nel 2016, hanno vinto il Premio Vincenzo Dona 2016 dell’Unione Nazionale Consumatori, con la loro talk più famosa, dal nome Fate il nostro gioco. Il premio è stato vinto, come recita la motivazione, «per aver dimostrato che è possibile parlare ai consumatori in modo giocoso e scientifico allo stesso tempo, per la guerra dichiarata alle azzardopatie e a tutti quelli che continuano a confonderle con un gioco, nella convinzione che soltanto svelando le regole del gioco si crei consapevolezza nei consumatori».
L’associazione ha anche scritto un libro, dal titolo omonimo Fate il nostro gioco, edito nel 2016 da Add Editore.
Oggi theWise ha incontrato uno dei fondatori dell’associazione Taxi 1729, il matematico Paolo Canova.
Come è nata l’idea di fondare un’associazione culturale di divulgazione scientifica?
«Come al solito, queste cose nascono un po’ per caso. La divulgazione è una passione che io e i miei soci abbiamo sempre avuto. Ci appoggiavamo ad un’altra associazione, ma successivamente abbiamo deciso di aprire una società tutta nostra e cercare di trasformare la nostra passione in un mestiere a tutti gli effetti».
La vostra talk più famosa riguarda il gioco d’azzardo. Di cosa altro ancora vi occupate?
«Noi ci occupiamo di un grande ambito: quello delle decisioni e di come esse si formulino nella nostra mente. Questo tema lo affrontiamo in contesti differenti. Siamo partiti dal gioco d’azzardo per arrivare all’economia. Il passaggio è stato breve. Con il gioco d’azzardo le persone scommettono pochi soldi per vincerne potenzialmente tantissimi, mentre in ambito economico si cerca il modo per fare investimenti redditizi a basso rischio.
Dopo l’economia, abbiamo scoperto la psicologia comportamentale. Da qui ci siamo appassionati e abbiamo cominciato a trattare questi temi, riconoscendoli un po’ ovunque nelle nostre vite. Si parla di incertezza, di futuro, di sfide e di scommesse. Questi aspetti ritornano in ambito giuridico o in ambito medico, basti pensare al periodo di pandemia che stiamo vivendo oggi, con difficili scelte da compiere da parte di tutti. Chiaramente ogni aspetto che trattiamo è suffragato da letteratura scientifica, non sono solo nostre opinioni».
I vostri video cercano di analizzare in maniera scientifica e matematica il fenomeno del gioco d’azzardo. Potresti illustrarci, in linea con il vostro stile comunicativo chiaro e giocoso, perché vincere la somma massima al Gratta e Vinci è quasi impossibile?
«Prima di tutto devo dire che sul Gratta e Vinci c’è poca informazione. Quando una persona acquista un biglietto, quasi sempre non conosce il premio massimo e soprattutto non sa quali siano le reali probabilità di vincita. Oggi, a differenza di quando abbiamo iniziato, sul retro c’è qualche informazione a riguardo, ma spesso è scritta in piccolo o in modo non chiaro.
Se prendiamo un Gratta e Vinci fra le quasi sessanta tipologie presenti in Italia, potremmo trovarci davanti al fatto che la probabilità di vincere il montepremi massimo è di un biglietto su cinquecento mila, piuttosto che un milione. Questo è però difficile da capire, non abbiamo dimestichezza con i numeri molto grandi o molto piccoli.
Quello che proviamo a fare con la nostra associazione è trovare un modo “concreto” di rappresentare questi numeri. Se prendiamo il noto biglietto che ha come montepremi cinquecentomila euro, la probabilità di vincita massima è veramente bassissima. Questa probabilità è la stessa che abbiamo immaginando di prendere un biglietto solo in una fila di biglietti ipotetica che parte dal nostro ufficio a Torino, passa per Capo Nord, e poi arriva nel punto più meridionale dell’Africa, a Capo Nord. Un biglietto vincente su una fila di biglietti lunga più di ventuno mila chilometri».
Quali tecniche psicologiche e matematiche si nascondono dietro al gioco d’azzardo? Come fanno, ad esempio, slot machine e videopoker a tenere incollate le persone, nonostante le perdite di denaro?
«Questo è il tema principale del nostro lavoro. Noi vogliamo spiegare prima di tutto perché, dal punto di vista matematico, giocare non conviene. La matematica che ci sta dietro è semplice. Ciò nonostante, la gente continua a giocare. La nostra mente va a cercare il desiderio di vincita perché è allettante, ma anche perché chi produce giochi d’azzardo conosce benissimo su quali punti far leva per stimolare una voglia, diciamo così, già innata.
I “trucchi” sono pochi, ma estremamente efficaci. Uno di questi è quello della near miss, o quasi vincita, spesso utilizzato nelle slot machine o nei Gratta e Vinci. Se ad esempio per vincere alla slot machine mi servono cinque leoni, ne troverò quattro, mentre il quinto sarà poco prima o poco dopo il simbolo perdente. Ugualmente, se nel Gratta e Vinci mi serve il numero 17 per vincere, troverò il numero 16, o il numero 18. Perdente, ma molto vicino a quello che mi serve.
Il cervello elabora questa sensazione come “quasi piacevole”, e fa sì che si abbia ancora voglia di riprovare.
Un altro metodo molto utilizzato è quello dell’ abbondanza delle piccole vincite. Prendiamo sempre in esempio i Gratta e Vinci, che sono il gioco d’azzardo più diffuso in Italia. Se ne compro venti, sicuramente ce ne saranno molti vincenti, ma con piccole somme irrisorie. Queste vincite mi daranno la sensazione di essere sulla strada giusta per diventare milionario. Sarò dunque invogliato a spendere nuovamente queste piccole vincite, comprando altri biglietti. Ma sul lungo periodo [come spiegato in questo loro video, N.d.R.], il banco vince sempre, utilizzando appunto algoritmi matematici. Se gioco tanto, sono matematicamente certo che sul lungo periodo perderò».
Un aneddoto simpatico che spesso riportate è quello che riguarda il 13 marzo 2010. Puoi dirci brevemente cosa è successo quel giorno?
«Questo è un aneddoto a cui siamo molto legati. Lo abbiamo scoperto facendo le nostre ricerche, ma nessun giornale ne ha mai parlato pubblicamente. Siamo molto felici di riportarlo! Parliamo di un famoso gioco di qualche anno fa, che metteva in palio quattro mila euro al mese per vent’anni, se si fossero indovinati tutti i dieci numeri più il “numerone”, oppure non se ne fosse indovinato nemmeno uno.
il 13 marzo 2019, alle ore 19, un sacco di persone vincono. Cinquantanove per la precisione. Questo è stato possibile perché era stata estratta una particolare sequenza di numeri, cioè i numeri da uno a dieci.
Cinquantanove persone allora avevano vinto quattromila euro per vent’anni? Non è andata proprio così. Il regolamento del gioco parlava molto chiaro: i quattromila euro andavano divisi per il numero di vincitori. Quattromila euro, diviso cinquantanove vincitori.
Allora, cinquantanove persone avevano vinto poco meno di settanta euro al mese, per vent’anni. Sicuramente meglio di niente, ma non una cifra che avrebbe cambiato la vita a qualcuno. Questo insegna che il giocatore deve sempre leggere ed informarsi, deve sempre conoscere le regole del gioco!».
Oggi anche il gioco d’azzardo si è modernizzato. Quali sono i pericoli e le tentazioni del gioco online?
«Il problema principale è la velocità del gioco. Lo abbiamo visto tutti: qualche anno fa l’estrazione del Lotto era in diretta, una volta a settimana, mentre oggi c’è il Lotto istantaneo, che fa un’estrazione personale sul momento. L’idea è quella di non far passare troppo tempo fra una giocata e l’altra, per tenere incollato il giocatore. Tutto questo, nei giochi online, è amplificato. Il tempo di gioco in una giocata virtuale è di qualche secondo. Così il giocatore non ha il tempo per rendersi conto di quello che sta realmente accadendo.
Un altro problema enorme è quello della disponibilità dei giochi d’azzardo online. Qualche tempo fa, per giocare era necessario andare fisicamente al casinò, mentre oggi si può giocare tranquillamente dal proprio smartphone, sempre e ovunque. Nel gioco online, si perde poi il contatto con i soldi. Le transazioni virtuali sono estremamente comode, ma nel gioco d’azzardo sono pericolose. Quando si gioca alla slot machine, si vedono i soldi uscire dal portafoglio, mentre davanti al computer o sul cellulare i soldi non si vedono. Si vedono solo i crediti, cioè le monete virtuali che il giocatore ha comprato con i soldi sulla carta di credito».
Come pensi dovrebbero migliorare le campagne contro le dipendenze? Come si può ridurre il rischio di gioco d’azzardo patologico?
«Non so se sia possibile togliere il problema alla radice. La voglia di giocare d’azzardo è vecchia come il mondo. Continuamente scommettiamo: nella vita, nel lavoro o nelle relazioni. Non siamo nemmeno proibizionisti, non crediamo che eliminare totalmente il gioco d’azzardo sia corretto. Secondo noi bisognerebbe eliminare invece tutti quei meccanismi che abbiamo accennato prima, che portano il giocatore a giocare in modo sempre meno consapevole. Oltre a quelle indicate prima, ce ne sono tante altre. Basti pensare ai casinò, che non hanno finestre né orologi. Questo accade per impedire ai clienti di accorgersi dello scorrere del tempo e trattenerli maggiormente in quel luogo. Inoltre offrono da bere e spesso hanno una moquette a terra, che rallenta il passo, facendo soffermare su certi particolari o su certe slot il giocatore.
Ci sono strategie utili che possono mettere in attori i produttori di giochi d’azzardo. Una di queste è l’autolimitazione delle scommesse. l giocatore può impostare una somma massima che può scommettere, cosa che già accade su numerosi siti, che però pochi utilizzano. Accade una cosa simile anche nei casinò: il giocatore patologico, in un momento di lucidità, può autodenunciarsi, per così dire, al casinò stesso, che non lo farà più entrare o imporrà un limite alle scommesse. Nel mondo dei sogni che ci piace immaginare, se il giocatore fosse universalmente riconoscibile in tutti i siti di gioco, magari attraverso un codice, sarebbe tutto più semplice. Se il sito riconoscesse di avere davanti un giocatore patologico, si potrebbe mettere in atto la limitazione delle scommesse e la conseguente riduzione delle perdite.
Non dimentichiamo però, che la prima fonte di risoluzione, seppur parziale, del problema è la prevenzione del danno. Fare una corretta e approfondita informazione, in un mondo in cui la vera informazione non c’è, ma ci sono solo campagne e pubblicità contro il gioco d’azzardo, dovrebbe essere una cosa normale, ma in realtà è un gesto un po’ rivoluzionario».