Il comizio di Salvini a Mondragone: è stato legittimo interromperlo?
Il comizio
Matteo Salvini ha approfittato della tensione creatasi a Mondragone per riproporre una formula propagandistica a lui cara e utile a risollevarsi dal clima di negatività che si porta dietro da qualche mese – Salvini è in discesa lenta ma costante in tutti i sondaggi, risulta poco efficace da un punto di vista mediatico, gaffes annesse, e soffre la concorrenza arrembante di Giorgia Meloni. Il meccanismo è semplice: laddove nasce tensione causata da equilibri sociali e comunitari complicati (meglio se sono coinvolti stranieri), conseguenza di scelte politiche e dinamiche sociali che avrebbero bisogno di una chiara visione politica per essere raddrizzate, Salvini plana fisicamente sul luogo e invoca “ordine” a colpi di disordinati comizi e adunate, soffiando sui sentimenti della gente verso gli stranieri e approfittandosi del reale disagio della popolazione per fare campagna elettorale con risposte “di pancia”.
A Mondragone fondamentalmente è successo lo stesso: lunedì 29 Salvini si piazza su una rotonda in una strada statale e inizia ad esaltare «la gente per bene», a invocare la legalità e a dichiarare che la Lega (ex Nord) vuole che Mondragone sia conosciuta «per le sue bellezze e la sua bontà». Il comizio non ha dunque un ruolo propositivo, manca la fase positiva di proposta di soluzioni ma anche un qualsiasi processo di ascolto delle necessità dei cittadini. Ad ogni modo i mondragonesi ad ascoltare il leader leghista non sono molti, e anche gli sforzi del partito per portare ulteriore pubblico non sortiscono effetto. Allo stesso tempo un gran numero di contro-manifestanti si raduna nei pressi del luogo prescelto del comizio e intona cori rumorosi, urlando a Salvini e lanciando acqua dalle bottigliette; Matteo Salvini ritiene anche che i manifestanti abbiano anche tagliato fili elettrici e lanciato uova, ma questo non risulta a nessuno dei presenti. Fatto sta che la protesta è troppo veemente e Salvini si trova costretto a interrompere il comizio e battere in ritirata, non prima di aver accusato i manifestanti di essere «balordi dei centri sociali» e di preferire la camorra.
Le reazioni
Matteo Salvini ovviamente accusa di anti-democraticità i manifestanti che gli hanno impedito di fare il suo comizio a Mondragone, ma sulla vicenda hanno commentato molti altri, tra cui anche Roberto Giachetti e Matteo Renzi di Italia Viva, che hanno stigmatizzato le proteste in quanto, ritengono, doveva essere permesso a Salvini di esprimere le sue opinioni attraverso il comizio.
Sarà un ciarlatano, un provocatore, un cazzaro. Ma non esiste al mondo che in un paese democratico ad un esponente politico (per di più il segretario del maggiore partito italiano) venga impedito di fare un’iniziativa politica.
— Roberto Giachetti (@bobogiac) June 29, 2020
Il leader di Italia Viva invece nella sua newsletter sostiene: «Deve essere chiaro che impedire a Matteo Salvini di parlare è un errore per la democrazia. Noi non condividiamo ciò che dice, ma in un Paese democratico il leader del primo partito italiano ha il diritto di parlare sempre e ovunque».
Per quanto sia ovvio (quasi lapalissiano), che in un paese democratico debba essere garantita un’estesa libertà di parola, bisogna notare che sostenere che il «leader del primo partito italiano ha il diritto di parlare sempre e ovunque» nasconde alcune problematiche. Intanto lo status di leader politico non accresce in nessun modo il diritto di parola: infatti il diritto di parola di Salvini, qualsiasi sia la sua percentuale di consensi, dovrà restare sempre identico a quello di qualsiasi altro cittadino. In più ciò che va necessariamente sottolineato per quanto riguarda la vicenda di Mondragone è chi ha impedito il comizio. Se l’iniziativa di Salvini fosse stata impedita in via ufficiale, da parte di un’amministrazione pubblica, semmai attraverso l’utilizzo improprio di ordinanze amministrative per impedire l’espressione di una parte politica, il fatto sarebbe stato grave e censurabile. Sarebbe impensabile e ingiusto che lo stato possa decidere per via amministrativa chi può e chi non può esprimersi, e impedire che soggetti politici riconosciuti dalla legge utilizzino gli spazi democratici a loro dovuti. Ma se un politico si prende la responsabilità di fare un comizio al pubblico, per di più in una zona che ha da sempre disprezzato, in un certo senso invadendo gli spazi di una comunità per fare propaganda elettorale (le elezioni regionali sono vicine) sfruttando tensioni sociali complicate e degne di attenzione meno superficiale, la comunità soggetta alla propaganda ha tutto il diritto di far sentire la propria voce: la comunità non è un ente amministrativo che deve garantire l’assoluta imparzialità degli spazi concessi, la comunità risponde alle proprie sensibilità, al proprio passato, e ai cittadini che ne fanno parte. L’iniziativa politica di cui parla Giachetti è stata interrotta da un altro atto politico, una protesta ad alta voce che ha impedito a un personaggio come Salvini che ha insultato per decenni il Sud Italia di fare campagna elettorale sfruttando le paure e i disagi della gente.
Sono invece comprensibili e legittime le critiche che criticano la protesta contro Salvini su un piano politico: in molti infatti hanno dichiarato che chi intende sconfiggere Salvini debba agire su un piano politico propositivo, evitando dunque azioni forti come quella di disturbare e infine impedire un comizio in strada. Secondo questi ultimi dunque la protesta resta legittima, ma semplicemente inefficace e controproducente da un punto di vista politico.