theWise incontra: Adriano Di Gregorio, autore del romanzo La festa di matrimonio
Adriano Di Gregorio (Siracusa, 1971) è un professore e scrittore. Pubblica i romanzi Il prima e il dopo (Aletti, 2009), Il peso della verità (Algra Editore, 2014), La maga e il talismano (Algra Editore, 2016) e la raccolta di novelle Il pozzo delle tre lune (Algra Editore, 2017). Il suo ultimo romanzo è La festa di matrimonio (Algra Editore, 2019). Dal 2018 cura un canale YouTube, Le lezioni di Adriano Di Gregorio, che conta quasi un milione di visualizzazioni all’anno.
«La festa di matrimonio: ci racconti la trama del tuo romanzo?»
«La festa di matrimonio è il terzo romanzo che ha come protagonista il commissario Battaglia e l’ispettore Spanò, personaggio un po’ pasticcione ma con il quale Battaglia ha instaurato un rapporto di sincera amicizia. Tutti i romanzi sono ambientati nella costa ionica della Sicilia, a due passi dalla Trezza descritta da Giovanni Verga. Il romanzo è suddiviso in due livelli, apparentemente lontani nel tempo e nello spazio che però, alla fine, si intrecciano in un unico filone narrativo.
Il primo livello è quello di Battaglia e dell’indagine su un intricato omicidio. Il secondo livello, invece, narra le vicende di due giovani, Hans e Libera. Hans è un giovane tedesco che nel 1961, qualche giorno prima della costruzione del muro di Berlino, riesce a fuggire da Berlino Est. Libera è una studentessa siciliana che si trasferisce a Milano, dove entra in contatto con alcuni ambienti del terrorismo rosso. I due si incontrano nel 1968 a Berlino Ovest durante le manifestazioni per il ferimento di Rudy il Rosso. E poi… poi non posso più dirvi nulla, altrimenti svelerei troppo».
«Ci descrivi il tuo protagonista Damiano Battaglia? Qual è la sua visione della vita?»
«Quando ho creato questo personaggio, ho cercato di differenziarlo dai duri che si trovano nei romanzi gialli e nei film polizieschi, da quelli che hanno sempre un passato oscuro e intricato alle spalle e che sono di poche parole. Battaglia è un personaggio vero, un personaggio che si dispera, che piange, che si emoziona come un uomo di tutti i giorni. Io penso che ognuno di noi sia tante cose nello stesso tempo. Dentro di noi ci sono paure, sogni, speranze e quindi ho cercato di creare un personaggio che potesse racchiudere tutte queste cose insieme. Anche se so che non è facile».
«Quali sono i temi trattati in La festa di matrimonio?»
«Nei miei romanzi ho sempre affrontato il tema del “diverso” e della percezione distorta che la società ha di queste problematiche. Nel primo romanzo, Il peso della verità, ho parlato della morte di un giovane extracomunitario. Nel secondo, La maga e il talismano, degli abusi sui bambini. Quindi anche in quest’ultimo, La festa di matrimonio, ho posto al centro della narrazione il tema della “diversità”. Ne La festa di matrimonio ci sono tanti elementi mischiati insieme: omosessualità, amore e soprattutto un senso soffocante di rimorso».
«Vorresti condividere con noi una citazione della tua opera che ti sta particolarmente a cuore?».
Mentre tutte le porte eran fiorite, soltanto quella di compare Alfio, nera e sgangherata, stava sempre chiusa, e non c’era nessuno che vi appendesse i fiori dell’Ascensione.
“Ancora con quel libro è?”, chiese Spanò, entrando nell’ufficio del commissario Battaglia.
“Ma perché? Ti do fastidio per caso?”.
“Ma che dice, dottore? Macché fastidio, è che…”.
“È che a te sembra strano che uno legge”.
“Ma no! Quel caso, però, ormai è chiuso. Prima lo stava leggendo per quello che la vittima aveva annotato nei fogli, ma ora?”.
“Lascia stare, va’! E poi non mi interrompere che questa è la parte più lirica di tutto il romanzo”.
“Lirica? Ma come lirica? Che ci pare che è cantata? Figaro qua, Figaro là”, intonò Spanò per poi mettersi a ridacchiare sommessamente. Battaglia sbuffò e appoggiò il libro sulla scrivania.
“La colpa è mia che sto ancora a perdere tempo con te. – rispose contrariato – È come parlare con un palo della luce, anzi peggio! Almeno il palo non rompe i coglioni e sta zitto”.
“E perché sta facendo così? che ho detto?”.
Il commissario chiuse gli occhi, fece un respiro profondo, incrociò le mani a mo’ di preghiera e dopo un attimo chiese: “Spanò, si può sapere cosa minchia sei venuto a fare? Mi devi chiedere qualcosa?”.
“Non le devo chiedere nulla, dottore; per dirle una cosa ero venuto! Di là c’è una donna che vuole parlare con lei”.
“E non potevi dirmelo prima, invece di farmi incazzare di capo mattina?”.
“Vabbè! La faccio entrare, però deve fare il bravo, sennò lo dico a Monica”.
“Vai e non tornare più fino a domani”.
Dalle parole e dal sorriso idiota di spanò, Battaglia pensò che la donna fosse bella e lui, da buon maschio siciliano, si sistemò il colletto della camicia e si aggiustò i capelli. Appena la vide, però, capì che Spanò gli aveva teso una trappola. Si trovò davanti una donna sulla cinquantina, un po’ grassottella e con i capelli senza una particolare forma: pareva uscita da un episodio di Jessica Fletcher. Battaglia si alzò di scatto, la salutò e la invitò a sedersi.
Lei ricambiò stringendogli la mano con forza, ma rimase in piedi. Indossava un tailleur dal gusto un po’ retrò, una camicetta a fiori e dei collant spessi, color carne, che le nascondevano qualunque parvenza di femminilità. Gli occhi però erano vispi e grandi e dal suo sguardo traspariva rabbia. Per un attimo a Battaglia venne in mente la signora che aiutava il prete di Capomulini, e insieme a lei gli vennero in mente anche le domeniche trascorse in piazza e i pantaloni avana con le grandi toppe che metteva sempre per andare a messa.
“Prego signora, si accomodi!”.
«Come definiresti il tuo stile di scrittura?»
«Molto spesso, durante le presentazioni dei miei libri, alcuni lettori mi chiedono se mi sono ispirato a Camilleri. In realtà le somiglianze sono soltanto esteriori, soprattutto perché il mio linguaggio è completamente diverso da quello, del tutto inimitabile, del maestro Camilleri. Certo… nei miei romanzi c’è il mare, c’è la Sicilia assolata e c’è il personaggio forte. Queste cose però non derivano da Camilleri, bensì dal mio vissuto. Non riuscirei a scrivere e ad ambientare un romanzo in un luogo non conosciuto intimamente. Piuttosto direi di essermi ispirato alla grande scuola giallista svedese, soprattutto per l’intreccio narrativo, e a Carofiglio, scrittore che stimo profondamente».
«Ci presenti il tuo progetto su YouTube, Le lezioni di Adriano Di Gregorio?»
«Tutto è cominciato per caso… veramente però. Qualche anno fa una studentessa mi chiese: “Prof, posso registrare la sua lezione?”. Ovviamente risposi di sì. Quando lei la riascoltò, mi disse che le era piaciuta molto e mi chiese: “Ma perché non fa dei video?”. Io non sono molto bravo con la tecnologia, ma parlando con un mio collega, ben più esperto di me, scoprii che mi avrebbe potuto aiutare. Adesso il mio canale ha un milione di visualizzazioni all’anno.
Dal punto di vista delle vicende storiche o delle correnti letterarie, non dico nulla di rivoluzionario, ma lo faccio con un linguaggio semplice e chiaro. È ormai necessario “abbassare” il modo di esprimersi per farci comprendere dai nostri studenti. Non ci si può più nascondere dietro la lezione cattedratica o i libri di testo assolutamente incomprensibili. Tratto dalle mie videolezioni YouTube ho da poco pubblicato un volumetto, La Storia raccontata ai ragazzi… e non solo, che sta andando molto bene».
«Sei al lavoro su un nuovo romanzo? Puoi darci qualche anticipazione?».
«Sto scrivendo un altro romanzo, ma ancora non ho deciso se il protagonista sarà Battaglia oppure no. Come già detto, i miei lettori mi dicono molto spesso che i miei romanzi somigliano a quelli del grande maestro Camilleri. Se voglio uscire fuori da questa morsa, forse dovrei cambiare personaggio. Ma ancora non ho deciso nulla».