Atlético Madrid: il manifesto del cholismo

Liverpool-Atletico Madrid. I calciatori ospiti festeggiano il gol di Marcos Llorente. Foto: twitter.com/atleti
Liverpool-Atletico Madrid. I calciatori ospiti festeggiano il gol di Marcos Llorente. Foto: twitter.com/atleti
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Spesso l’Atlético Madrid di Diego Simeone viene etichettato come “anticalcio”. Piaccia o non piaccia, la squadra del Cholo è riuscita a portare avanti un’impresa riuscita a pochi: vincere allo stadio di Anfield Road. Lo stadio del Liverpool è una sorta di fortezza e un vero e proprio tempio per i tifosi Reds. Chi viene ospitato dalla squadra di casa difficilmente riesce a portare a casa un risultato positivo.

Vincere è ancora più difficile se, oltre all’atmosfera ineguagliabile del tifo del Liverpool, si aggiunge una squadra come quella di Jürgen Klopp: una vera e propria corazzata, campione in carica della Champions League e vincitrice del Mondiale per club. Oltre ai risultati a livello internazionale, il Liverpool sta percorrendo una specie di marcia trionfale – ormai da mesi – verso la vittoria nella Premier League, trofeo che nel Merseyside manca dal 1990. Ci sono tanti spunti che si possono trarre dall’ottavo di finale di ritorno giocato tra Liverpool e Atlético Madrid. Uno può essere lo scontro tra due filosofie di calcio completamente opposte, tra il gegenpressing di cui Klopp è il massimo esponente al momento, e un gioco più di rimessa, di attesa come quello proposto da Simeone.

In uno scenario – ahinoi – diventato surreale, Liverpool-Atletico Madrid è stata una partita divertente, senza esclusione di colpi. Almeno per qualche ora si è respirata un’aria di normalità che in questo momento manca. Torniamo però al calcio giocato e andiamo a vedere i motivi per cui l’Atletico può risultare una vera e propria mina vagante per chi lo incontrerà nelle prossime partite di Champions League.

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Simeone “alla Ferguson” per l’Atlético?

Da diverso tempo l’Atletico Madrid e il Cholo Simeone sembrano essere diventati una cosa sola. Dal lontano 2011, quando è arrivato ad allenare i biancorossi della capitale spagnola, ha iniziato a costruire una propria identità di gioco. Pezzo dopo pezzo ha creato un’alchimia di squadra che fatto le fortune recenti dell’Atletico Madrid. Pur non avendo lo stesso appeal di squadre come il Barcellona o come i rivali cittadini del Real Madrid, l’Atlético ha saputo mantenere una qualità abbastanza elevata, per competere a livelli molto alti anche al di fuori dei confini nazionali.

Simeone si può definire l’uomo in più per questo Atlético Madrid: oltre al suo carisma, come detto in precedenza ha sviluppato una sua filosofia di gioco, che rende l’Atleti tra le squadre più difficili da affrontare. Come capitato con Maurizio Sarri, i tifosi e gli appassionati di calcio hanno associato dei neologismi come “sarrismo” o “sarriball” a quelle che sono le proprie idee rigurardo il gioco sul campo. Simeone non è da meno. Infatti, il cholismo è una di tante religioni calcistiche che vantano numerosi adepti. Rispetto a una maniera di vedere il calcio come uno spettacolo, Simeone gioca le partite rifacendosi ai dogmi della “vecchia scuola”. In altre parole, prima viene il risultato, il resto viene in secondo piano.

Un’idea a cui rimanere fedeli

In un calcio in cui molti cercano di scimmiottare filosofie calcistiche che non ci appartengono, Simeone rimane sempre fedele alla sua idea di giocare un calcio di rimessa, spesso criticato, ma – come dimostrato in diverse occasioni – alquanto efficace. Nell’universo Atleti, Simeone probabilmente starebbe vicino a quello che è il gradino più alto delle glorie dei colchoneros. È tra gli allenatori ad aver vinto di più durante la permanenza al club. Siederebbe sicuramente per importanza di fianco a Luis Aragonés, primatista di reti segnate con centosettantadue gol in maglia biancorossa e allenatore che vinse la storica Coppa Intercontinentale del 1974.

Onoreficenze a parte, la filosofia espressa da Simeone nell’essere “rinunciatario” durante le partite giocate ha portato l’Atletico Madrid a ricoprire il ruolo da underdog, ovvero da sfavorito. La partita col Liverpool rispecchia esattamente questa situazione. Da una parte Klopp, vincitore della Champions League, con la squadra più forte in circolazione, dall’altra Simeone e la sua filosofia ampiamente criticata. I due scontri tra Liverpool e Atlético Madrid sono stati disputati più o meno sulla stessa falsa riga di quello che ci si aspetta. L’Atlético sfrutta al massimo gli errori di un Liverpool che sente il colpo psicologico e non riesce a reagire, in entrambe le sfide.

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È tutta una questione di testa!

Senza andare troppo lontano nei ricordi, nell’edizione della Champions League del 2019 a giocare contro l’Atletico fu la Juventus di Allegri. La situazione era abbastanza simile a quella odierna: tra le due pretendenti ai quarti di finale della Champions la favorita era proprio la Juve, che però giocò una delle partite più brutte della stagione, perdendo per 2-0 al Wanda Metropolitano. Curiosamente, il ritorno della sfida di Champions League tra Juventus e Atlético Madrid si giocò il 12 marzo, un anno prima della sfida di Anfield tra i madrileni e il Liverpool.

A Torino le parti si sono invertite, in quel caso. La Juve riuscì a rimontare un risultato proibitivo come il 2-0 maturato in Spagna, vincendo per 3-0. Come già detto, giocare ad Anfield è sempre abbastanza difficile. Infatti Liverpool-Atlético Madrid è stata, in un certo senso, una partita dominata dal Liverpool. Il dato dei tiri totali e del possesso palla sono di gran lunga maggiori rispetto all’Atletico Madrid, che è stato in balìa dei giocatori del Liverpool. Anche ai tempi supplementari la situazione si stava facendo molto problematica, dopo il gol di Firmino per il 2-0 momentaneo del Liverpool. Però, abbiamo detto in precedenza che la forza di questo Atlético è mantenere la concentrazione fino all’ultimo respiro, cosa che anche se solo per un secondo è mancata al Liverpool, causando il gol di Marcos Llorente.

Nosotros jugamos a ganar!

Una storia dentro quella partita che riguarda anche il riscatto personale di due giocatori, come il sopracitato Llorente e Alvaro Morata, attaccante spesso criticato per la sua scarsa vena realizzativa. Spesso molti giocatori provenienti da squadre di appeal più alto (come il Real, in questo caso) possano apparire agli occhi di altri come “scarti”. Giocatori che pur non essendo “di grido” rimangono comunque funzionali nell’idea di gioco di Diego Simeone. Alla fine l’Atlético vince per 3-2, in uno stadio che non vedeva sconfitta in Champions League dal lontano 2014 per mano del Real Madrid. Per quanto criticato, l’Atlético Madrid del Cholo va considerato come una delle squadre più forti in circolazione. Piaccia o meno, non è poi così campato in aria pensare che si possa giocare a calcio con il primo fine di vincere, a discapito di quello che è lo spettacolo (perlomeno di chi è neutrale!). Riassumendo: quando a Simeone gli è stato chiesto perché l’Atlético giocasse così, il tecnico ha risposto: «Nosotros jugamos a ganar». E stando così le cose, a Simeone non si può dare torto.

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Arnaldo Figoni

Sono nato a Olbia il 30 giugno 1989, ma da sempre vivo a La Maddalena. Coinvolto fin da piccolo negli sport - calcio, basket, ma anche rugby - ho sviluppato una passione per la disciplina sportiva in generale, nel conoscere e poter raccontare delle storie, coltivando il sogno nel cassetto di poter esercitare proprio la professione di giornalista.