Conte brilla di luce riflessa

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Fonte: Il Blog delle Stelle
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L’estate politica italiana appena finita è stata per molti versi imprevedibile e anche interessante da seguire. Come nel migliore dei film d’azione, è stata ricca di colpi di scena e momenti di vera teatralità che hanno tenuto molti incollati agli schermi dei televisori, increduli davanti alle innumerevoli giravolte della politica. In questo calderone di velenose separazioni e discorsi drammatici si è finalmente sentita forte e chiara la voce del nostro Presidente del Consiglio. Giuseppe Conte, senza dubbio, si è meritato il premio di miglior attore non protagonista di questa stagione politica italiana. Ma di cosa è frutto la fama di cui gode Conte?

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Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte durante il suo discorso in Senato il 20 agosto 2019. Foto: la Repubblica.


Ancora si manifesta nei peggiori incubi di Matteo Salvini il discorso che il suo Presidente del Consiglio gli ha rivolto martedì 20 agosto. In una scena veramente teatrale, Conte ha accusato il suo ministro dell’interno di avere poco rispetto delle istituzioni, di pensare solo alla campagna elettorale e anche di avere cattivo gusto nell’esporre in continuazione i simboli religiosi. Nei giorni subito dopo il discorso, increduli editorialisti e commentatori hanno cercato di capire e spiegare ai lettori delle loro testate la metamorfosi del Presidente Conte. In effetti non era Conte una figura imparziale, seria ma mai autorevole, pescata fuori dal cilindro nella trattativa tra Di Maio e Salvini? Non era forse il suo ruolo quello di semplice mediatore tra le posizioni dei due vicepremier? Insomma, nessuno ha votato per Conte alle elezioni del 4 marzo 2018; oggi, invece, il ventuno per cento dell’elettorato italiano prende seriamente in considerazione l’ipotesi di votare per Conte casomai dovesse fondare un suo partito (cosa che ultimamente va molto di moda) e presentarsi alle elezioni.

Nel valutare il “fenomeno Conte” dobbiamo tenere in considerazione tre variabili: il potere che deriva dal suo ruolo istituzionale, la situazione sociale del Paese che governa e la sua personalità. Considerando per prima cosa il ruolo di Conte nelle istituzioni, emblematico è il suo discorso alla camera del 20 agosto. In quella fatidica giornata parlamentare, il premier ha cercato di contrapporsi a Salvini proprio sul piano della serietà istituzionale. La struttura del discorso vedeva da una parte il ministro dell’interno responsabile della crisi «per interessi personali e di partito», rivelando «una scarsa responsabilità istituzionale e grave carenza di cultura costituzionale». Dall’altra, il Presidente Conte si ergeva a difensore di quelle stesse istituzioni calpestate da Salvini. Infatti, Conte ricorda come fosse lui quello a lavorare con grillini e leghisti nei tavoli cruciali del governo, mentre Salvini era in costante campagna elettorale. Nella seconda parte del suo discorso, Conte addirittura si prende una buona mezz’ora per delineare le linee del futuro governo e i punti su cui bisogna lavorare per il sommo bene, cioè il benessere del Paese. L’idea è quella di presentarsi come un faro di serietà e compostezza che guidi la politica fuori dal fango della mediocrità in cui si è impantanata. Una posizione che ha del potenziale elettorale.

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Giuseppe Conte insieme ad altri leader mondiali al G7 del 2018. Foto: TgCom24.

Conte ha vita facile nel presentarsi come uomo delle istituzioni perché nel panorama politico italiano non esiste una figura che possa arrogarsi un tale epiteto. Andiamo con ordine. Innanzitutto, Matteo Salvini non ha e non vuole avere la dignità e la compostezza di un burocrate: lui è un uomo del popolo che ama stare in mezzo alla gente ed è l’antitesi di una persona imparziale. Mentre ricopriva un ruolo istituzionale si è raramente presentato al suo Ministero, preferendo invece girare per tutte le feste del Paese, dal Nord al rivalutato Sud. Per quanto riguarda l’ex vicepremier Luigi Di Maio, è interessante notare come nel suo profilo social questi abbia tentato di darsi una veste purpurea da uomo di Stato. Nonostante ciò, il crollo del consenso elettorale registrato nei sondaggi e nelle elezioni europee dal M5S, le troppe concessioni date dal governo del cambiamento alla linea politica di Salvini e la palese incompetenza di fronte a temi quali lo sviluppo industriale prima e la diplomazia poi hanno screditato il suo status nelpartito tanto quanto nel Paese. Infine, nemmeno ai protagonisti della sinistra italiana si addice la compostezza istituzionale. Questo è dovuto in parte al fatto che, ideologicamente, la sinistra dovrebbe rappresentare gli interessi del popolo contro le élite della politica e in parte al fatto che si sta avverando la tesi di Bertinotti e di Guzzanti secondo cui la sinistra si scinderà in «microscopici partiti comunisti».

Giuseppe Conte è uno dei pochi che può permettersi in parlamento di rappresentare e rispettare lo Stato. Non è ideologicamente schierato, ha un curriculum che svetta in confronto sia ai suoi alleati che ai suoi oppositori e non si sporca le mani nel dibattito quotidiano della politica. Il Presidente del Consiglio parla con tutti i movimenti della politica italiana, da Fratelli D’Italia alla CGIL, e tanto sui social quanto nei media tradizionali è sempre in veste ufficiale. Sembra un alieno in confronto agli altri leader politici: se loro fanno dichiarazioni cariche di frecciatine e populismo, lui come loro concede delle foto con il popolo (rigorosamente in giacca e cravatta) ma non si mischia mai con loro.

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Foto: tpi.it

Facciamo ora un esercizio di immaginazione. Spogliamo Conte di tutti gli incarichi, tutte le cornici istituzionali e tutti i discorsi generici sul futuro della nazione: che cosa resta di lui? Poco. Il discorso di insediamento pronunciato il 9 settembre, il più lungo della storia repubblicana, manca di un ingrediente fondamentale: il carisma. Conte non è un leader con un popolo, non è nemmeno un leader di popolo, è un burocrate rispettabile in un momento politico in cui il rispetto delle istituzioni sembra una cosa del passato. Il premier non sa parlare al pubblico, affascina perché circordato da tutti quegli ori e agenti in borghese intorno a lui ma alle manifestazioni non strappa nemmeno un applauso. Il futuro del premier non sarà deciso dal popolo ma sarà determinato dai rappresentati eletti in parlamento in un secondo momento. La luce di cui brilla Conte in questo momento non è emessa dalla sua personalità, ma dagli ori e dai marmi che lo circondano.

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Pietro Lepidi

Sono nato a Roma, classe 1998, e ho vissuto tra Padova, Roma e Bordeaux. Da liceale ho sempre avuto una passione per la rappresentanza politica testimoniata dalla carica di Presidente della Consulta degli Studenti del Veneto. Adesso a Roma studio per fondere attività pratica con conoscenze teoriche. In questo giornale mi focalizzerò sui diritti civili e politici. In un mondo che si prende in giro, facciamo i seri.