Colpevoli di immobilità
Le responsabilità di M5S e PD nella crisi di governo
Le colpe che ha il Movimento 5 Stelle nella crisi di governo sono molte, ma si sono possono facilmente riassumere in una sola: essere rimasti immobili nel governo con la Lega. Dopo le elezioni europee era diventato chiaro a tutti che inseguire i leghisti sui loro stessi temi fosse stato un errore, ma per il timore di andare subito a nuove elezioni e subire una pesante sconfitta elettorale il Movimento ha preferito continuare l’esperienza di governo. Inutile dire che è stata una scelta tremendamente sbagliata. Oscurato dall’ingombrante presenza del ministro dell’Interno, il M5S è stato letteralmente calpestato dalla Lega, che invocava lo spettro del ritorno alle urne non appena i grillini provavano a fare battaglia su qualche tema e recuperare un po’ della propria dignità. Il tempismo con cui Salvini ha invocato la crisi di governo è stata forse l’umiliazione più grande che ha inflitto ai pentastellati. Prima li ha costretti a votare il decreto sicurezza bis – provvedimento radicalmente all’opposto dei principi del M5S – con la minaccia di andare a nuove elezioni, poi le nuove elezioni le ha chieste comunque usando come pretesto la mozione dei grillini contro la TAV, che in realtà era un inutile tentativo del M5S di salvare le apparenze. Il Movimento è così apparso davanti a tutti succube dell’alleato di governo e svuotato del proprio peso politico, completamente annichilito in caso di nuove elezioni.
Come il M5S è responsabile per il ruolo passivo nell’esecutivo, così il PD ha ugualmente la colpa di essere stato totalmente immobile tra i banchi dell’opposizione. Rasenta quasi il ridicolo sentire il segretario del PD Nicola Zingaretti dichiarare che i dem sono pronti per andare a nuove elezioni: il PD non è pronto e non lo sarà quando si andrà a votare, perché non c’è stato alcun tentativo efficace per ricostruire il partito. Mentre Salvini ha portato il consenso della Lega alle stelle e ora preme per votare già in ottobre, il PD è riuscito soltanto a dire di voler organizzare una «costituente delle idee» nel mese di novembre a Bologna, quando sarà troppo tardi. La ripartenza dei dem è lenta, inefficace, anacronisticamente legata a meccanismi da vecchia politica e condanna l’opposizione a diventare una semplice comparsa nel film dell’ascesa di Salvini al governo.
Spaventato dall’esito di eventuali elezioni, parte dell’elettorato di M5S e PD spera che i due partiti approfittino della crisi di governo per dare vita a una nuova maggioranza in Parlamento che scongiuri la minaccia leghista e releghi il partito di Salvini all’opposizione. È una speranza realizzabile in linea teorica, ma pericolosa e in fondo sbagliata in linea pratica: dare vita a un governo a guida PD-M5S permetterebbe sì di rispettare gli impegni che aspettano l’Italia – ad esempio la nomina di un commissario europeo o la nota di aggiornamento del Def – ma avrebbe l’aspetto di una grottesca manovra politica per impedire a ogni costo la nascita di un esecutivo sovranista ed euroscettico. Esecutivo che l’Italia, stando ai sondaggi, sembra invece volere. Un governo PD-M5S darebbe poi a Matteo Salvini un ottimo pretesto politico per schierare il suo elettorato contro le Istituzioni, creando una pericolosa sfiducia nel nostro sistema di governo e incrementando ancora il proprio consenso.
L’importanza di dare una scelta
Ancora non possiamo sapere quando si tornerà alle urne, perché tutto dipende da come si concluderà la crisi di governo nei prossimi giorni, ma secondo i sondaggi è probabile che se si votasse in autunno assisteremmo a un trionfo della Lega, con la coalizione di destra che otterrebbe due terzi dei seggi in Senato e in Parlamento. È evidente infatti che le nuove elezioni avranno più che altro il sapore di un referendum sulla Lega, sul suo leader, sull’immigrazione e sull’Europa. Gli elettori potranno scegliere di voler vivere in un’Italia razzista, impantanata in un clima d’odio, un’Italia che preferisce isolarsi dall’Europa per poter diventare una pedina della Russia di Putin o dell’Ungheria di Orbán. O invece potranno avere scegliere di costruire un’Italia multiculturale, che accoglie, che crede nel sogno europeo e vuole impegnarsi a giocare un ruolo in Europa per poterla migliorare. Ecco, forse sarebbe arrivato il momento che qualcuno desse agli italiani la possibilità di credere nella validità della seconda alternativa.