La Fedeltà secondo Marco Missiroli
Il nome di Missiroli figura nella cinquina dei finalisti del Premio Strega 2019, al fianco di Cibrario, Terranova, Durastanti e del favorito Scurati, di cui si è già parlato qui su TheWise. Missiroli inoltre può già vantare la vittoria al Premio Strega Giovani di quest’anno: Fedeltà è stato il romanzo più votato dalla giuria di ragazzi tra i 16 e i 18 anni. I ragazzi, selezionati tra più istituti scolastici – compreso il carcere minorile di Nisida – costituiscono un campione rappresentativo dei lettori in età giovanile, o young adults, del nostro Paese: un target difficile da intercettare per il mercato editoriale, e che costituisce ormai una categoria a sé, come dimostra l’istituzione di premi e seminari a loro dedicati.
Già noto al grande pubblico per il suo bestseller Atti osceni in luogo privato (Feltrinelli 2015), Missiroli si impone nuovamente all’attenzione della critica con Fedeltà. Un’opera che affronta un tema, si è detto, già ripreso più volte da autori di ogni epoca: quello del tradimento. Eppure, questa volta il lettore dovrà confrontarsi con un punto di vista diverso dal solito. L’impianto narrativo, all’apparenza banale, cela infatti un messaggio inedito.
La storia, almeno agli inizi, non appare particolarmente originale: Carlo, professore universitario e scrittore mancato, sta per tradire la moglie con una studentessa giovane e bella. Ma sarà proprio la sua incapacità di cogliere appieno tale occasione a suscitare in lui una riflessione sul concetto di fedeltà. A chi si deve essere davvero fedeli? Al proprio partner? All’impegno stesso che scaturisce da una relazione stabile, ormai assunto sulle proprie spalle e consolidato dal tempo e dalla prassi quotidiana? O non bisognerà essere piuttosto fedeli a se stessi, ai propri impulsi e desideri?
Il rischio, infatti, è che per rimanere fedeli a qualcosa di esterno al sé più autentico – una relazione, un impegno, una promessa – si finisca per tradire ciò che invece è assolutamente interno al sé: e anzi, è il sé in quanto tale. La propria natura, insomma. Fatta di istinti, volizioni e contraddizioni. E che richiede di essere vissuta, più che tenuta a bada. Di essere seguita nel buio, come una bestia selvatica. Di essere nutrita, come una pianta rara, che sempre finisce per avvizzire nella prassi ordinaria del focolare domestico.
«Con lui aveva intuito che l’infedeltà poteva significare fedeltà verso se stessa». A intuirlo è Margherita, moglie di Carlo, quando si trova a sua volta a poter rompere i voti coniugali, mercé l’incontro con un giovane fisioterapista. Missiroli fa trasparire con efficacia, tra una pagina e l’altra, quell’innata «incapacità della libido di separarsi dai suoi oggetti» che fa da cardine alla psicologia freudiana. Ed è Sandro Veronesi a osservarlo, giustamente, nella sua Motivazione alla candidatura di Fedeltà al Premio Strega.
In effetti, Freud fa capolino tra un paragrafo e l’altro del romanzo. A più riprese, i protagonisti si ritrovano a vorticare in una spirale senza scampo di desideri e sensi di colpa. Una spirale che ricorda molto da vicino quella con cui tutti, almeno una volta nella vita, ci troviamo a dibatterci come pesci nella rete, e da cui si può uscire solo in due modi: tradendo gli altri, o tradendo se stessi. La soluzione dell’enigma non è univoca: e non lo è in quanto non esiste una morale universale, ma solo il senso comune.
Del resto, è proprio il senso comune che identifica il tradimento, in quanto tale, con l’adulterio. Senza fermarsi a considerare la seconda accezione del termine: il tradimento verso se stessi. Una seconda forma di infedeltà, che spesso assume pari – o maggiore – rilevanza rispetto alla prima. Quale scegliere, allora? A chi essere infedeli? Chi condannare all’infelicità, sé o gli altri?
Se esistesse una risposta sempre valida in ogni circostanza, sarebbe la panacea per buona parte dei tormenti che attanagliano l’animo umano.