Social e sport possono coesistere? Lo abbiamo chiesto a una SMM

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Social sport – Il rapporto tra social network e sport diventa sempre più pressante con il passare dei mesi. Con l’evolvere della tecnologia, anche l’attività sportiva ad alto livello ha compreso il potere della comunicazione e della pubblicità attraverso i social. Tra rimandi alla cultura di internet e citazioni alla realtà, tantissimi club professionistici si sono adoperati nel corso degli ultimi anni per cercare di trovare un successo non solo sul campo ma anche tra le pieghe del web. Il destino sembra voler tenere avvinghiati questi mondi così vicini e, al tempo stesso, forse lontani. Sarà davvero possibile? Ed è già credibile farlo adesso? Ne abbiamo parlato con chi queste dinamiche può comprenderle fino in fondo: Nicoletta Esposito, infatti, ha unito queste due grandi passioni per farle diventare un lavoro, svolgendo sia un ruolo da dirigente sportivo che da social media manager. Che, evidentemente, rappresenta non solo il futuro in ambito generale, ma specialmente sotto il profilo della competizione sportiva agonistica.

Social e sport possono coesistere? Qualche domanda a una social media manager per capirlo

Tu lavori sia in ambito sportivo che in ambito social. Per quanto concerne la questione sportiva, tu fai la dirigente.

«Sono dirigente del Latina Basket, una società maschile di pallacanestro. Al tempo stesso, seguo la parte social e comunicativa della Bull Basket Latina, una squadra femminile. Per i primi mi occupo di seguire il settore giovanile e la parte organizzativa dei ragazzi, partendo dall’Under 13 fino all’Under 20. Mi occupo di organizzare le trasferte, della gestione e del rapporto con i genitori. Dall’altro lato, invece, gestisco sito e pagine social».

Come ti trovi a gestire questo doppio ruolo?

«Sono due aspetti che mi piacciono molto. Adoro lo sport e mi sono appassionata – pur non facendo parte della generazione social media – a questo mondo, per cui sono due lavori che svolgo con passione. Da una parte c’è il discorso di stare con i giovani, di vivere con loro la gioia per la partita, dall’altra la possibilità di poter raccontare le vicende sportive. Io vengo da un’altra generazione, l’ho visto nascere questo nuovo modo di comunicare. Mi ci sono appassionato e ho sempre voluto saperne di più. L’importante, comunque, è sempre fare qualcosa che piace. Voler fare una cosa con passione non ti crea limiti».

Qual è stata la molla che ha fatto scattare in te la voglia di cimentarti nell’ambito social?

«Avere due figli nativi digitali mi ha aiutato a capire meglio certi meccanismi e comprendere ciò che fanno. Conosco tanti genitori della mia età che non sanno neanche come funzionano Facebook o Instagram, invece secondo me è importante perché saperlo permetterebbe loro di seguire meglio il percorso dei figli, di capire cosa fanno e a quali pericoli possono andare incontro eventualmente utilizzando questi strumenti».

Del web in generale si parla come di uno strumento potente che però nasconde lati oscuri. Esistono più pro o contro?

«Dipende dall’uso, in molti ne fanno un utilizzo sbagliato e lo rendono un mondo pericoloso. Penso, ad esempio, al fenomeno del cyberbullismo. Se si mettono su una bilancia gli aspetti positivi e quelli negativi secondo me prevalgono sempre questi ultimi, purtroppo».

Il logo del progetto SocialMediacosi.

Sei anche co-fondatrice di un progetto interessante a livello social.

«Sì, ovvero SocialMediacosi. Siamo partiti da 5 co-founder, siamo rimasti in due [l’altro è Luca Rallo, N.d.R.]. Organizziamo eventi che parlano di digitale, è un gruppo che raccoglie appassionati e professionisti per creare sinergie lavorative. Quando si partecipa a questi eventi si entra in contatto con molte persone, avere questa possibilità crea belle sinergie. C’è un interscambio, ognuno mette la sua professionalità a disposizione di un’altra persona».

Citavi prima un’attenzione particolare nei confronti dei ragazzi e della loro crescita, che segui anche attraverso una start-up.

«Sono brand ambassador per To Be Kids, una start-up che ha creato un modo diverso di approcciarsi al web. Tante volte si vedono genitori che danno ai bambini piccoli il cellulare per farli navigare. Con questo progetto possono navigare in un contesto protetto».

Tornando agli aspetti iniziali, quanto è importante per te trovare un punto di incontro tra l’attività sportiva e quella social?

«Si tratta di una partnership importantissima perché, ripeto, se si utilizza il web nel modo migliore diventa uno strumento magnifico. Tanti club a livello sportivo hanno capito l’importanza di usare i social, adesso tutto marcia sulla rete, non c’è più la pubblicità canonica. Ci sono anche squadre che purtroppo non utilizzano ancora al meglio i social e che, sfortunatamente, molte volte fanno danni».

Una tua previsione sullo strumento social approcciato in futuro all’attività sportiva?

«I social saranno utilizzati sempre di più, soprattutto dai club sportivi. Non ci sarà un freno nell’utilizzo, non mi sembra una struttura destinata ad avere un calo. Tante società usano Twitter, perché è uno strumento real time e puoi raccontare tutto in diretta, subito. Peraltro è un social più di nicchia, non tutti lo sanno usare. Instagram sta crescendo molto, Facebook dubito che avrà un calo pesante. Credo che nel futuro tutti riusciranno a comprendere meglio le potenzialità di questi strumenti».

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Claudio Agave

Studente presso la Facoltà di Scienze Motorie dell'Università Parthenope di Napoli. Giornalista pubblicista dal febbraio 2017 dopo una lunga ma utile gavetta. Scrittore, con almeno due romanzi già in cantiere e alcune partecipazioni attive a progetti letterari. Ho gli interessi di molti (cinema, serie tv, doppiaggio, sport) e l'ambizione di voler vivere facendo ciò che amo. Insomma, in pillole: scrivo pezzi, faccio cose, vedo gente.