Un insolito spettacolo – prima parte
Dunque c’erano Giovanni, che a vedere lo spettacolo era diventato di un colore tra la tovaglia gialla a fiori e le scarpe di Maria, quella del secondo piano, che le indossava sempre bianche col mezzo tacco (un tocco di eleganza, così lo chiamava lei); Maria, appunto, che era subito accorsa con il suo stacchettìo, aveva già fatto la sua supposizione senza nemmeno aver visto il pollo per intero: «La morte è venuta a trovarci oggi». Così, eravamo rimasti tutti zitti, in attesa che si avverasse il presagio. Nel mentre, Veronica, la dirimpettaia, si era mossa e ci aveva raggiunti nella nostra riunione condominiale fuori programma. Il pollo stava ancora lì e si muoveva piano per il vento, su e giù, sinistra destra, senza pudore e tutto spennato.
Veronica portava i bigodini e la vestaglia estiva e cercava di passare nella prima fila per vedere da vicino l’insolito spettacolo. Appena visto il pollo, sempre accompagnato dall’aura dei raggi del sole come un’illuminazione, è svenuta. E di nuovo si gridava, si chiamava la Madonna e qualche altro santo, finché non è apparso Don Luigino, detto Fufù, che non era un vero prete ma lui si faceva chiamare così, e le ha alzato le gambe. Sulla vicenda non ha detto niente, è rimasto zitto, anche se ogni tanto cercava di sbirciare.
Per ultima è arrivata Giorgina, la vedova, anche se il marito era morto da talmente tanto tempo che la chiamavano tutti zitella, ma lei non lo sapeva. Giorgina era molto bassa, cosicché si è dovuta mettere prima sulle punte e poi si è arrampicata su di uno sgabello e ha guardato la scena perplessa, mentre diceva a mezza bocca: «Alberto?». Insomma, sembravamo tutti un po’ ammattiti alla vista di quel pollo, che continuava a dare spettacolo sotto la luce del mattino. Poi è arrivato l’ex poliziotto del quarto piano, Rosario, gridando «Che succede qui?» e noi ci siamo tutti risvegliati dai nostri pensieri e abbiamo distolto lo sguardo dal pollo. «Andiamo, sgomberare l’area!» ha detto Rosario. Alcuni hanno riguardato la finestra, altri sono scappati spinti dall’autorità di Rosario e dei suoi baffoni neri. Poi siamo rimasti io, mamma e lui che ci ha augurato caldamente «Buon pranzo» guardando il pollo e ha chiuso la porta.
Non avevamo il coraggio di toglierlo dalla finestra e silenziosamente ci chiedevamo come fosse finito lì, chi avrebbe potuto metterlo. «Polluzzo, polluzzo, se potessi rispondere alle nostre domande!», dicevo. Ma niente, quello non aveva manco le orecchie per sentire, figuriamoci. Così ho aiutato mamma a togliere l’animale, che iniziava a diventare dorato sotto il sole, e ho preso il mio taccuino. Chiunque l’avesse appeso lì doveva aver agito di notte, doveva avere una scala, non troppo lunga visto che eravamo al primo piano, e doveva avere un motivo per farlo. E siccome Rosario non avrebbe sicuramente indagato perché era in pensione ormai, volevo iniziare a farlo io. «Mà, qualcuno ci odia?» le ho chiesto. Come risposta, mi ha tirato un ceffone dicendomi «Mimmuzzo, tua madre santa è». Me ne sono andato allora un po’ sconsolato a cercare qualche notizia, nel nostro palazzo di via Garibaldi 18 B.