What Remains of Edith Finch: una famiglia maledetta

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What Remains of Edith Finch riesce, in poche ore di gioco, a contenere interi anni della storia di una famiglia su cui sembra aleggiare una maledizione. La famiglia Finch è stata accompagnata fin dagli albori dalla morte, una presenza che però non ha mai saputo incutere timore reverenziale nei membri di questa sfortunata dinastia. Quella di What Remains of Edith Finch è la storia di una famiglia straordinaria non per opulenza e potere, ma per un destino che sembra aver scelto lei come esempio del suo operato.

Vi avevamo già parlato di destino nei videogiochi con l’articolo su Last Day of June, ma questa volta la ricchezza di tematiche del videogioco di Giant Sparrow, software house che aveva già fatto centro con un’altra perla intitolata The Unfinished Swan, ci porta a considerare il destino come entità meno aleatoria. La morte è il destino di tutti gli esseri viventi, ma l’accanimento che la famiglia Finch ha dovuto sopportare e accettare ha quasi del sovrannaturale; di magico tuttavia non c’è nulla, nonostante alcune sequenze lo facciano supporre. Vedremo, infatti, che una di queste tematiche riguarda la superstizione, che trasforma in ultraterreno ciò che in realtà è tangibile.

Il destino fatale che ha abbattuto a colpi di accetta l’albero genealogico dei Finch è palpabile; le morti che hanno falcidiato la famiglia sono dovute a fatti concreti, e non al soprannaturale. La famiglia Finch è maledetta perché essa stessa ha creduto di essere protagonista di un’esistenza funesta e di non poter cambiare le cose. Entriamo, però, più nel dettaglio.

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La magione abitata per intere generazioni dai Finch.

What Remains of Edith Finch: accettazione della morte

La tematica principale del gioco è ovviamente la morte, visto che l’input che dà avvio alla vicenda è rappresentato da una ricerca che l’ultimo membro dei Finch vuole portare a compimento riguardo alla sorte dei propri antenati. L’obiettivo del gioco è stilare l’albero genealogico della famiglia Finch, scoprendo cosa sia successo ai suoi vari componenti. Si visita così l’enorme magione che da questi è stata abitata fin dalla fine dell’800, a caccia di informazioni che ci vengono fornite da diari, lettere e vecchie fotografie.

Veniamo così a conoscenza del fatale destino a cui abbiamo accennato prima. La morte ha colpito i membri della famiglia nei modi più svariati e in diversi istanti della loro vita. Molti sono spirati in giovane età, altri quando erano ancora in fasce. Incidenti domestici, suicidi, decessi bizzarri, morti in mare, malattie e addirittura un omicidio: i Finch non si sono fatti mancare nulla. La particolarità della narrazione di What Remains of Edith Finch sta nel fatto che essa non si focalizza sull’evento tragico in sé, ma sugli istanti immediatamente precedenti. Le morti non vengono mostrate in modo esplicito, e spesso le dinamiche rimangono vaghe; viene invece esposto come fattore preminente il modo in cui, spesso, i vari componenti hanno affrontato la morte, ossia con serena rassegnazione.

I Finch sono convinti di essere predestinati al trapasso, più di qualsiasi altro essere vivente, ma non si sono mai sentiti frenati dal vivere in modo pieno la propria esistenza. In molti casi sembra quasi che siano stati loro stessi ad avvicinarsi alla morte, ad aver aperto la porta per farla entrare. Molti sono morti mentre facevano ciò che desideravano pur conoscendo i rischi delle loro scelte. La morte, per i Finch, è sì un passaggio inevitabile come per tutti gli altri individui, ma non necessariamente da posticipare a quando si è anziani.

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La casa è piena di informazioni da cercare minuziosamente.

L’importanza della memoria

Questo punto si collega direttamente all’accettazione della morte. La casa è ricca di documenti e fotografie che ci forniscono informazioni fondamentali per la comprensione degli eventi narrati. Si presuppone che dopo un evento tragico si cerchi in ogni modo di dimenticare, e per farlo la cosa più immediata sarebbe gettare ogni ricordo di quel momento. Ciò non avviene con i Finch.

Come abbiamo detto, la famiglia non è impaurita, o comunque frenata, da questa presunta maledizione; per questo motivo non cerca di dimenticare il passato, nonostante questo sia disseminato di disgrazie. Non è la morte l’elemento su cui si concentra l’attenzione di chi è rimasto in vita, ma il ricordo di ciò che stava compiendo il defunto nel momento preciso in cui la maledizione stava adempiendo al suo compito.

Un esempio pratico per capire meglio il concetto ci è dato da Sam Finch, nonno materno di Edith. L’uomo muore durante una battuta di caccia a cui aveva portato anche sua figlia Dawn. Sam si accinge a fare una foto con l’autoscatto, insieme alla ragazzina e alla carcassa di un cervo appena ucciso con un colpo di fucile, ma, non appena egli sale sulla scogliera, il cervo, ancora vivo, lo spinge giù. Proprio in quel momento la macchina fotografica scatta la foto, immortalando il momento preciso della morte di Sam. Chiunque avrebbe strappato quell’immagine. In questo caso, invece, essa viene conservata con cura, come se la morte venisse ormai riconosciuta come una compagna da immortalare.

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Barbara Finch da piccola era una stella di Hollywood, una sorta di Shirley Temple.

La superstizione guida le vicende umane

In What Remains of Edith Finch esiste una presenza ancora più forte della morte che influenza le vicende della famiglia protagonista del gioco: la superstizione. I Finch non si fanno condizionare dalla paura per la morte perché, come abbiamo spiegato, sono convinti che la maledizione abbia scelto per loro quella sorte, e che dunque sarebbe inutile opporsi. È invece la superstizione a guidare le loro vicende.

La convinzione che ci sia una maledizione sulla famiglia nasce dalle credenze fortemente scaramantiche di Odin Finch, l’antenato più anziano. Egli vide morire prematuramente la moglie e il figlio, e così si convinse che tutte le generazioni successive sarebbero state falcidiate dalla maledizione. Egli stesso, poi, trovò la morte in mare durante una tempesta. L’episodio è simile a quello che troviamo nel capolavoro verista I Malavoglia di Giovanni Verga. Padron ‘Ntoni perde il suo carico di lupini durante una tempesta, e con esso la fortuna (in termini economici) che ne sarebbe derivata.

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La superstizione ha guidato l’agire dei Finch.

Nel caso dei Finch, tuttavia, l’evento prende una piega ancora più tragica, e finisce per condizionare il loro modo di agire e pensare. Non è dunque il risultato finale (la morte) a influenzare i Finch, ma il suo motore: la superstizione. Se i Finch non avessero reputato reale la maledizione, probabilmente non avrebbero vissuto un’esistenza tragica. Per liberarsi di essa, sarebbe bastato non alimentare questa credenza.

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Michele Longobardi

Laureato in lettere moderne e iscritto all'albo dell'Ordine dei Giornalisti della Campania. Appassionato di calcio, cinema, letteratura horror e gialla e, soprattutto, videogiochi.