theWise racconta: Ricominciare

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theWise racconta

Gli italiani sono da sempre un popolo di santi, poeti, navigatori e – aggiungiamo noi – scrittori di prosa. Nascosto in ognuno di noi c’è uno spirito narrativo che aspetta solo un’occasione per venire fuori. Noi di theWise abbiamo pensato di dare spazio e voce alle giovani penne che popolano il Paese. Questo è lo scopo della rubrica “theWise racconta”, sulla quale ogni mese ospiteremo un racconto breve inviatoci da un nostro lettore.

Nel mese di agosto – che vedrà pubblicata la sesta storia di questa rubrica – la scelta è ricaduta sul racconto di Claudio Agave: Ricominciare. La storia di un uomo disperato e pieno di rimpianto, ma anche la storia di una rinascita.

Vorresti comparire nel prossimo appuntamento? Inviaci il tuo racconto breve (massimo due cartelle word, argomento libero) a info@thewisemagazine.it, o contattaci sulla nostra pagina Facebook. Inviandoci il tuo scritto, acconsentirai implicitamente alla pubblicazione.

Francesco Spagnol


Ricominciare

La cucina l’ho lasciata in ordine, anche dopo aver svuotato il frigo – al pari di un maiale affamato – come mai prima d’ora. Piatti puliti, stoviglie luccicanti, non c’è nulla che non sia al suo posto. Perché l’ho fatto, poi? Forse voglio solo rimandare il momento. C’è una bella luna piena questa sera, penso sia uno degli spettacoli migliori che io abbia mai visto. Ovviamente dopo la mia bambina e la figa di mia moglie.

Quanto ti amavo, Cheryl. La cucina prima la facevi tu, anche quando (raramente) volevo aiutarti. Mi dicevi che non era necessario, che era una piccola cosa. Ti ho trattato così male, Cheryl. Te l’avevo detto che non potevi fidarti, che non ero una brava persona, come non lo sono adesso. Ricordo ancora i tuoi occhi quando mi confidasti di aver scoperto le mie scappatelle. Non c’era delusione, né rabbia. Non c’era nulla, non comunicavi niente, nessuna emozione traspariva. L’indifferenza è un pugnale che lascia solo ferite mortali.

Ma come hai fatto a perdonarmi, come hai potuto continuare a vivere con me? Ti amavo, ma non ti ho mai meritata. E quanta passione mi davi, Cheryl. A letto eri la più grande delle puttane, nella vita un esempio di signorilità ed integrità, una Grande Donna; ma questo io l’ho capito solo ora, come chi ha un tesoro tra le mani e preso dall’ingordigia cerca altro, fallendo miseramente. Scusami, è che sono distratto. Ignorante. Vuoto.

Tara sta crescendo bene, ora ha nove anni, è veramente una delizia per gli occhi. Tutta sua madre. «Giurami che non cederai e che ti prenderai cura di lei» mi dicesti con la tua bellissima voce prima di lasciarmi su quel maledetto letto d’ospedale. Ma quando un angelo ti abbandona senza un valido motivo tu non smetti, anche solo per dispetto, di crederci almeno per un po’?

La tua voce magnifica… Nei miei sogni eri avvolta da una luce dorata, una vera Dea dell’Amore. Attraverso il balcone i raggi lunari invadono la stanza, posandosi sulla sedia che ho preparato. Quasi quasi vado a dare un bacio a Tara. O forse no, starà sognando fiabe fatate o strane e simpatiche creature, meglio non interrompere questi felici pensieri. Quanto vorrei però, quanto dovrei.

È stata una mossa azzeccata quella di comprare un potente neon al posto del lampadario. È molto più resistente ad un peso importante: l’ideale per me, ex lottatore, non proprio un fuscello.

Credo sia stata l’unica cosa non sbagliata che io abbia fatto da quando te ne sei andata.

La piccola non avrà problemi, ci sono tanti soldi intestati a lei e i nonni ne avranno buona cura. Avete lo stesso viso sbarazzino e impertinente di chi sa far battere i cuori al primo sguardo.

Che magnifica serata. La corda mi sembra in buono stato. Sai Cheryl, vorrei tanto che tu mi facessi sapere come si sta lì in Paradiso. Immagino… da Dio. Quanto le odiavi queste freddure. Digli che io me ne vado al caldo, i posti alti e freddi non mi sono mai piaciuti più di tanto. Mi auguro che la bimba non abbia bisogno di andare in bagno proprio adesso. Sono le 23:48. Ma che cosa sto aspettando ancora? Certo però che è una bella serata per morire, nonostante la temperatura ballerina. Ormai non ci sono più le mezze stagioni. Ormai neanche m’importa più.

La sedia mi sembra resistente… Oh andiamo, Cheryl! Come si fa a mantenere una promessa quando sei così depresso come me? Io l’adoro, la nostra piccina, come ho adorato te ogni singolo istante della nostra vita insieme. Ma tu ricordi che uomo hai sposato? Un perdente, una nullità, un fallito. Tutto l’amore del mondo non basta per consolarmi. Figurati, non mi sei bastata tu

Il nodo mi sembra bello stretto… Ho paura. Ma forse, una buona volta, riuscirò a iniziare qualcosa portandola a termine. Buffo, dovrei provare a compiacermi nei miei ultimi secondi. Sento dei rumori… No. Non deve vedermi. Devo fare tutto molto in fretta. Porca troia, l’ultima sigaretta avrei voluto fumarla! Ah, fanculo. Con tutto quel fuoco di sicuro troverò chi mi farà accendere lì nel baratro. Devo dire che il mio ultimo sogno con te è stato molto apprezzabile. C’era solo una forte luce biancastra, ma io lo sapevo che eri tu. Una bellissima voce, questi passettini… Meglio stringere forte al collo.

«Non mollare, pensa a me, pensa a Tara!»

I passi sono sempre più vicini. Un piede quasi giù.

Oh, Cheryl. Quando sei depresso, tutto ciò che vedi non può essere bello, anche se forse lo è per davvero. Quando sei triste non esistono i colori, le emozioni. C’è solo il silenzio. Come quando sei nel bel mezzo dell’oceano. Nel nulla. Il nulla fa rumore, un rumore che ti bombarda la testa. La tua voce nell’oceano non l’ho mai sentita. I passi si fermano. Ti amo Cheryl. Ti amo Tara… Via la sedia.

* * *

Una stanza sola? Me lo aspettavo un po’ più infuocato, questo bordello… Che poi è tutto bianco… Gesù Cristo, non avrai mica sbagliato posto? Guarda che in Paradiso ci vanno quelli buoni, mica io. Avverto tutto in maniera strana. Riesco a sentire la presenza del mio corpo, ma di muovermi neanche a parlarne. Forse per davvero non può esistere un’anima senza corpo o viceversa… No, cazzate. Ma che ci fa lei qui? Non dirmi che sono condannato ad assistere alla vita di mia figlia senza di me? Questo è troppo, così mi scavo un’altra fossa da solo. È una fregatura essere morti, se in vita sei stato uno stronzo. Lei mi guarda con quegli occhietti scavati da cerbiatta… Io non lo so interpretare, tutto questo. E non so interpretare nemmeno il suo sguardo, qualcosa a metà tra l’arrabbiato e il sollevato… Piccola Tara, non ti preoccupare, papà non ti può più rovinare la vita. Però è giusto, guardami così. Disprezzami, odiami. Mi manchi.

C’è una porta, si muove con lentezza, quasi ci fosse solo un flebile venticello a spingerla dall’esterno. Invece è una donna. Giovane, anche molto bella. Sorride alla bambina, quasi come per rassicurarla.

«Ha sbattuto violentemente la testa e ha evidenti lividi sul collo, ma sta bene e si riprenderà presto. I vicini hanno sentito il botto e le è stato prestato subito soccorso. Ora però ha bisogno di aiuto» mi dice.

Oh, cazzo… Mi sa che non sono poi così morto.

Non ci voglio credere. Ma uno sfigato come me non può neanche trapassare in santa pace? Tara… Io non posso portare il peso del suo odio per altro tempo ancora… Piccola mia, guardarti negli occhi mi fa sentire tante coltellate nel petto.

E poi odo quelle parole, pesanti come un macigno, travolgenti come una slavina: «Ho bisogno di te». Cosa può fare un essere umano di fronte a un’affermazione così?

Può solo prostrarsi, cadere da un letto di ospedale, inginocchiarsi con le residue forze, e chiedere in lacrime un perdono che, in realtà, non serve. Perché per questo angelico capolavoro del Creato non c’è niente che non va, nel suo papà.

Così, quando credi che l’oscurità ti stia già per avvolgere, ecco che arriva il bagliore di luce; sembra la storia di un film in cui il cattivo deve cercare il bene, l’amore, la redenzione. Per me non c’è redenzione. C’è però l’Amore, quello della mia bambina.

E allora posso vederla crescere, posso vederla sbagliare, posso urlarle in faccia, posso piangere ai suoi piedi, ancora una volta. Non solo posso, voglio farlo.

Forse è vero, l’amore da solo non basta, ed è stupido chi pensa il contrario. Ma mentre mi stringe la mano con quelle sue piccole e minute dita, io non posso far altro che sperare di poter essere, finalmente, il padre che lei merita.

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Claudio Agave

Studente presso la Facoltà di Scienze Motorie dell'Università Parthenope di Napoli. Giornalista pubblicista dal febbraio 2017 dopo una lunga ma utile gavetta. Scrittore, con almeno due romanzi già in cantiere e alcune partecipazioni attive a progetti letterari. Ho gli interessi di molti (cinema, serie tv, doppiaggio, sport) e l'ambizione di voler vivere facendo ciò che amo. Insomma, in pillole: scrivo pezzi, faccio cose, vedo gente.