Storia del pensiero occidentale: Machiavelli

UNSPECIFIED - CIRCA 2002: Portrait of Niccolo' Machiavelli (Florence, 1469 - Florence, 1527), Italian historian, writer, playwright, politician and philosopher. Oil on board by Santi di Tito (1536-1606), 104x85 cm. Florence, Palazzo Vecchio Or Palazzo Della Signoria (Art Museum) (Photo by DeAgostini/Getty Images)
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Che cosa c’è di moderno, che cosa di originale nel pensiero di Machiavelli? Qual è il posto di Machiavelli nella storia delle idee occidentali? La letteratura secondaria che discute sull’argomento ha ormai raggiunto una mole incredibile. Eppure, Machiavelli non sembra aver mai considerato sé stesso un filosofo, anzi. I suoi scritti sono a tratti esasperanti e incredibilmente asistematici, incoerenti, talvolta contraddittori. Egli tende ad appellarsi all’esperienza e agli esempi, piuttosto che a una rigorosa analisi logica. Eppure, nonostante le premesse, i termini ‘machiavellico’ o ‘machiavellismo’ trovano regolare uso tra i filosofi che si occupano di problemi di carattere etico, politico e psicologico, nonostante Machiavelli non abbia mai neanche inventato né cercato di definire il “machiavellismo”; di fatto, potrebbe non essere mai stato un “machiavellico”, o almeno nel senso spesso attribuitogli. Inoltre, nella critica di Machiavelli ai grandi schemi filosofici, troviamo un vero e proprio guanto di sfida lanciato a quella filosofia che intende descrivere la realtà.

Il machiavellismo è entrato nell’uso comune per descrivere una certa abnegazione, una caparbia e una determinazione senza compromessi; un utilitarismo spregiudicato e spietato che si serve di espedienti subdoli o, se necessario, di mezzi violenti. Questo è dovuto però a un’interpretazione parziale e polemica del pensiero di Machiavelli. Manipolazione che ha inizio nella seconda metà del secolo XVI, da parte di autori che indicano con la parola ‘machiavellismo’ l’arte di governare ispirata a un puro utilitarismo, in base al quale il governante, indipendentemente da ogni considerazione di carattere morale, si serve di ogni espediente, anche il più subdolo o spietato, pur di raggiungere il proprio fine.

L’articolo completo è disponibile sul nostro magazine alle pagine 19-21.

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Raffaele Lauretti

Il succo della storia fin qui: qualche tempo fa nacqui e, bisogna ammetterlo, questo fatto ha sconcertato non poche persone ed è stato considerato dai più come una cattiva mossa. Subito, infatti, conosco l'inevitabile angoscia del dover vivere una vita breve in un mondo assurdo: la palude bonificata dal fascismo. Ho conseguito la maturità al Liceo Scientifico G. B. Grassi di Latina; proprio in quegli anni scopro di avere, per una rarissima coincidenza, lo stesso sex appeal di una contusione. Decido quindi di abbandonare le scoline e trasferirmi a Bologna, dove studio filosofia per cercare di sfuggire alle logiche stringenti degli algoritmi del Capitale. Sono un ministro della Chiesa Dudeista (sì, quella del Grande Lebowski) e, nel tempo, credo di essermi fatto prendere la mano dall'epistemologia. Quando non sono a prendere una laurea triennale, ascolto musica da neri e scrivo di rap per un paio di siti (Rockit, La Casa del Rap), rifuggo l'INPS, mi rintano nelle carni altrui, preparo ottime carbonare. Dopo aver diretto la sezione di musica de Il Meglio di Internet per qualche mese, sono approdato su theWise dove, visti e considerati i miei studi di cui sopra, curo una rubrica in cui cerco di approfondire i pensatori che maggiormente hanno influenzato il pensiero occidentale. Nonostante io mi consideri un asociale con brio, posso dire di divertirmi abbastanza. Ah, una volta Guè Pequeno mi ha insultato e non so bene cosa pensarne.