theWise in cucina: Carbonara all’asparago selvatico
La macchia mediterranea, er sole, ‘na bella passeggiata… Mettece du ova!
Primavera in campagna può voler dire molte cose, ma alle buone forchette una sola parola affiora prepotente nella mente: asparagina. L’omologo selvatico dei teneri germogli della pianta di asparago sono una prelibatezza imprescindibile, in questo periodo dell’anno. Basta una domenica di sole, magari due amici e armarsi di pazienza per farsi una bella passeggiata nella macchia. Pochi minuti e noterete subito che – tra i cespugli, o arrampicati ai piedi degli alberi, o persino sul ciglio della strada – fanno capolino degli esili steli, coperti da foglioline aghiformi.
Questa è la pianta di asparago selvatico, e se sarete abbastanza fortunati da essere i primi a passare di lì, con un po’ di buon occhio, alla base della pianta o nella sua immediata prossimità vedrete spuntare dei teneri germogli non ancora schiusi di un verde intenso: gli asparagi. Afferrateli fermamente non troppo vicino alla base e risalite man mano, finché non sentite che il fusto si fa più morbido e… snap! Con un colpo secco delle dita separate le cime. Devono venire via praticamente da soli, gli asparagi: se si piegano, o se state avvicinando la mano alle tasche per aiutarvi con un coltello, allora fermatevi per non fare danni.
Va colta soltanto l’estremità dei capolini, sia per non danneggiare la pianta, sia per non ritrovarvi con un mazzo di gambi fibrosi e immasticabili. Tempo un paio d’ore e vi troverete con qualche etto abbondante di questo vero e proprio oro verde, che chi si prodiga sistematicamente per le campagne di tutta Italia rivende giustamente a caro prezzo (anche più di 10€ al kilogrammo!). Ma a noi non serve peccare d’ingordigia: già tre o quattro etti saranno più che sufficienti per impreziosire risotti, timballi o azzardi come quello che sto per proporvi.
Il matrimonio tra uovo e asparago ha radici solide nella tradizione culinaria del centro-nord della nostra penisola. Un rapido blanching in due dita d’acqua col metodo classico, gambi inteneriti per immersione, punte delicatamente avvolte dal vapore, poi una noce di burro con le uova dritte in tegamino e il capolavoro è servito. Ma dopo ore e ore all’aria aperta al vostro corpo serve altro! Una pasta, magari… E perché non unire le due scuole?
L’articolo completo è disponibile sul nostro magazine alle pagine 28-33.