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Storia del pensiero filosofico: Averroè

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Abu al-Walid Muhammad ibn Ahmad ibn Rushd, meglio conosciuto in Occidente come Averroè, visse in un periodo unico per la storia intellettuale occidentale: l’interesse per la filosofia e la teologia stava svanendo, nel mondo musulmano, e stava invece iniziando a fiorire nella cristianità latina. Soltanto quindici anni prima della nascita di Averroè era morto il grande critico della filosofia islamica, al-Ghazali (1058-1111), dopo aver colpito duramente la filosofia neoplatonica musulmana, in particolare per quanto riguardava il lavoro del filosofo Avicenna. Da tali circostanze desolanti è emerso il filosofo spagnolo-musulmano, giurista e medico che è considerato come il filosofo musulmano più influente per coloro che ereditarono la tradizione della filosofia musulmana in Occidente.

Le sue interpretazioni uniche nel commentare Aristotele ravvivarono l’interesse degli studiosi occidentali per l’antica filosofia greca, ormai trascurata fin dal VI secolo. Egli esaminò criticamente la presunta tensione tra la filosofia e la religione nel Trattato decisivo. La sua opera più importante è L’incoerenza dell’incoerenza dei filosofi, difesa della filosofia aristotelica dalle critiche di al-Ghazali, che a suo tempo aveva scritto L’incoerenza dei filosofi. Forse è questo il più celebre degli esempi di ricorsività a esserci giunto.

Ibn Rushd sosteneva che l’affermazione di molti teologi musulmani secondo la quale i filosofi erano al di fuori dell’Islam non aveva alcuna base nelle Scritture. Egli sosteneva esistessero tre “percorsi” validi per arrivare a conoscere le verità religiose: la filosofia è uno (se non il migliore) di questi, pertanto il suo studio non dovrebbe essere vietato. Egli sfidava inoltre le concezioni “letterali” degli attributi e delle azioni di Dio, sottolineando le problematiche filosofiche che sorgono dalle loro nozioni di occasionalismo e di discorso divino. Ibn Rushd si è sforzato di dimostrare che affrontare la religione senza impegnarsi criticamente e filosoficamente porta alla perdita dei significati più profondi della tradizione, conducendo a una comprensione non corretta della divinità.

L’articolo completo è disponibile sul nostro magazine alle pagine 20-22.

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Raffaele Lauretti

Il succo della storia fin qui: qualche tempo fa nacqui e, bisogna ammetterlo, questo fatto ha sconcertato non poche persone ed è stato considerato dai più come una cattiva mossa. Subito, infatti, conosco l'inevitabile angoscia del dover vivere una vita breve in un mondo assurdo: la palude bonificata dal fascismo. Ho conseguito la maturità al Liceo Scientifico G. B. Grassi di Latina; proprio in quegli anni scopro di avere, per una rarissima coincidenza, lo stesso sex appeal di una contusione. Decido quindi di abbandonare le scoline e trasferirmi a Bologna, dove studio filosofia per cercare di sfuggire alle logiche stringenti degli algoritmi del Capitale. Sono un ministro della Chiesa Dudeista (sì, quella del Grande Lebowski) e, nel tempo, credo di essermi fatto prendere la mano dall'epistemologia. Quando non sono a prendere una laurea triennale, ascolto musica da neri e scrivo di rap per un paio di siti (Rockit, La Casa del Rap), rifuggo l'INPS, mi rintano nelle carni altrui, preparo ottime carbonare. Dopo aver diretto la sezione di musica de Il Meglio di Internet per qualche mese, sono approdato su theWise dove, visti e considerati i miei studi di cui sopra, curo una rubrica in cui cerco di approfondire i pensatori che maggiormente hanno influenzato il pensiero occidentale. Nonostante io mi consideri un asociale con brio, posso dire di divertirmi abbastanza. Ah, una volta Guè Pequeno mi ha insultato e non so bene cosa pensarne.

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