Storia di Bonvi, un anarchico al servizio delle Sturmtruppen
Per iniziare qualcosa, spesso tutto quello di cui c’è bisogno è una buona idea. Da ciò, con un po’ di fortuna, l’idea si evolve e cresce, per diventare una serie a fumetti che dura fino al 1995, con apparizioni in televisione all’interno di Supergulp e due film a cavallo degli anni 70. E a ventidue anni dalla prematura scomparsa del suo autore, le storie e i personaggi nati da quest’idea fanno ancora parte dell’immaginario collettivo, e possiamo ancora trovarli in edicola e nelle fiere del fumetto, tra le raccolte e i vecchi mensili con rubriche e lettere al limite del demenziale. Quest’idea così fortunata, una delle molte, esordì nel 1968 su Paese Sera, per i testi e disegni di Franco Bonvicini, in arte Bonvi. Il suo nome è Sturmtruppen.
ACH, signor Tenente!
Bonvi (Modena, 31 marzo 1941 – Bologna, 10 dicembre 1995) è stato senza dubbio uno dei più validi autori di fumetti in Italia, e le sue esperienze personali sono degne di essere raccontate fin dalla culla. La nascita è rivendicata sia da Parma che da Modena, e sebbene il sito ufficiale riporti la nascita a Modena la madre lo registrò a entrambe le anagrafi delle città emiliane, per poter avere una doppia tessera annonaria, necessaria per ottenere viveri durante il razionamento nella seconda guerra mondiale. In ogni caso è a Modena che Franco cresce, e dopo il servizio militare inizia la sua carriera da grafico nel 1966 alla Vimder Film di Guido de Maria, grazie all’amicizia in comune con Francesco Guccini. Due anni dopo, nel 1968, grazie a un concorso indetto da Paese Sera, nacquero le Sturmtruppen.
Uffizialen e Gentiluomo
Nel 1968 Bonvi partecipò al concorso indetto dal quotidiano romano per il quarto Salone dei Comics di Lucca (quello che nel giro di pochi decenni sarebbe diventato il Lucca Comics & Games, ma questa è un’altra storia), vincendo con una striscia satirica ambientata nella trincea di un improbabile battaglione tedesco durante la seconda guerra mondiale, con situazioni a tratti surreali unite a una parlata italo-tedesca inconfondibile: un marchio ben radicato delle Sturmtruppen, proprio come possono esserlo le orecchie a padella per Topolino o il mantello rosso per Superman. Bonvi portò con le Sturmtruppen il concetto di striscia quotidiana tanto utilizzata negli USA da autori come Schulz e Davis, rispettivamente per i Peanuts e Garfield, raccontando le (dis)avventure del Sergenten veterano e sadico, del soldato semplice Otto, del Capitanen, del Cuoken e perfino degli alleati, rappresentati dal “giapponese” e dal Fiero Alleato Galeazzo Musolesi.
Nel corso degli anni la serie a fumetti è stata ospitata ininterrottamente su svariati periodici, da un quotidiano come la Gazzetta di Parma al mensile Eureka, fino alla morte di Bonvi nel 1995, realizzando in tutto 5.865 strisce e ottenendo, oltre alla carta stampata, trasposizioni in televisione nel programma Supergulp! (1981) e due film, Sturmtruppen del 1976 – per il soggetto di Cochi e Renato, con un cameo di Bonvi nel ruolo di un condannato a morte – e Sturmtruppen 2 – Tutti al Fronte (1981) con Boldi, Teocoli e Magalli.
Yuk Yuk Yuk! L’ultimo chiuda la porta dello spazio profondo
Associare Bonvi soltanto alle Sturmtruppen sarebbe riduttivo e ingiusto. Dalla penna dell’autore modenese nacquero anche Cattivik, Nick Carter, Cronache del dopobomba e la saga delle Storie dallo spazio profondo, sui testi dell’amico Francesco Guccini. Nell’ordine, Cattivik vede la luce nel 1965 su di un giornale studentesco modenese, il che lo pone come antagonista storico del gruppo musicale de I Gatti, controparte a fumetti di quelli che sarebbero diventati gli Equipe 84; poi, nel 1970, finisce per avere una serie tutta sua su Tiramolla, edizioni Alpe. Due anni dopo, per far fronte all’enorme mole di lavoro rappresentata da Nick Carter, Bonvi decise di accordarsi con uno dei più promettenti alunni del suo studio PlayComics – il ventenne Guido “Silver” Silvestri, futuro papà di Lupo Alberto – e di cedergli parte dei diritti editoriali relativi a Cattivik, in modo che il suo allievo potesse continuare a disegnarlo.
Sempre nel 1972 fa la sua prima comparsa Nick Carter, ma non come semplice fumetto acquistabile in edicola: esordisce infatti in prima serata, il 14 settembre 1972, nella trasmissione televisiva Gulp! Fumetti in TV. Creato e disegnato insieme al regista Guido de Maria, Nick Carter è un detective che – assieme ai compari Patsy e Ten – nel corso delle storie ambientate nella New York di inizio Novecento si troverà a risolvere svariati misteri e a smascherare puntualmente la nemesi di Carter, Stanislao Moulinsky, sempre in «Uno dei suoi travestimenti più riusciti». Nick Carter non mancherà il passaggio alla carta stampata, e neanche quello sul web, con un proprio sito lanciato nel 2001.
Cronache del dopobomba (1973) prende un’altra strada rispetto alla satira e alle parodie delle Sturmtruppen e di Nick Carter, omaggiando con il titolo il lavoro omonimo di Philip K. Dick, ambientato in un mondo nel bel mezzo di un fallout nucleare senza troppi tappi di Nuke Cola, e raccontando con tavole grottesche storie di un umorismo lacerante e pesante poco apprezzate in Italia, al punto che una pubblicazione continuativa avverrà solo in Francia dal 1974.
Per concludere la rassegna dei lavori di Bonvi, Storie dallo spazio profondo (1970) è un insieme di sette storie che raccontano le avventure nello spazio di un personaggio con le fattezze di Bonvi, il quale vaga per le galassie assieme al suo robot, alter ego dell’amico – e scrittore dei testi del fumetto – Francesco Guccini. Il fumetto è stato definito da molti antesignano della più celebre saga cinematografica ambientata nello spazio, Star Wars, tant’è che – in occasione della mostra dell’opera di George Lucas tenuta nel 2016 allo Spazio WOW del fumetto di Milano – vi era esposta una delle tavole originali di Storie dallo Spazio Profondo, portando come esempio una tavola di apertura ambientata in un bar con umani e alieni: una tavola che aveva molto in comune con la celebre “scena della cantina” di Una nuova speranza del 1977.
L’eredità di Bonvi
Bonvi se n’è andato prematuramente e nella maniera più assurda: la notte tra il 9 e il 10 dicembre del 1995, a Bologna, Bonvi venne investito mentre stava attraversando la strada per andare ospite negli studi di Roxy Bar, dove avrebbe venduto alcune tavole originali il cui ricavato sarebbe andato all’amico e fumettista Magnus, malato di cancro.
Quello che resta, oltre alle migliaia di strisce e storie scritte e disegnate da solo e con le più valide penne del fumetto italiano (oltre al già citato Silver anche Leo Ortolani passò da Bonvi), è nelle buone mani della figlia Sofia Bonvicini, che ha lanciato il progetto Bonvi 2.0 per valorizzare al meglio l’immensa eredità del padre attraverso il restauro delle tavole originali, ripristinando il retino nella colorazione dei personaggi, e assimilandoli – come era già nell’ispirazione originale dell’autore – alla pop art.
Perché, se vogliamo, anche il fumetto è una delle più pure forme d’arte, e Bonvi, nel suo essere artista anarchico ed estroso, è stato d’esempio per buona parte della rinomata scuola del fumetto italiana, la quale, senza di lui, sarebbe stata certamente più povera.